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Extreme E
Christine GZ va veloce

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Never give up. Mai arrendersi. È il mantra di Christine Giampaoli Zonca, GZ sui campi di gara, pilota impegnata nel campionato Extreme E insieme a Oliver Bennett con il team Hispano Suiza Xite, che abbiamo incontrato durante la tappa italiana, in Sardegna. A dispetto di un weekend tutto in salita, costellato di imprevisti e problemi tecnici alla sua Odyssey 21 che non le hanno consentito di arrivare in finale, lei non ha perso la grinta. Perché di grinta Christine ha riserve infinite.

Christine GZ va veloce

Cosmopolita. Ventotto anni, nata in India da genitori italiani, poi rientrati in patria e in seguito trasferiti alle Isole Canarie, GZ è una cittadina del mondo con la passione per le competizioni. Una passione nata quasi per caso, coltivata anche sui banchi di scuola (si è laureata in Tecnologie per il motorsport all’Università di Birmingham) e vissuta attraverso le prime gare nei rally, poi con i buggy della Can-Am e ora qui, con le mega Suv elettriche. “Guidare queste vetture è impegnativo: ti giochi tutti in pochi minuti e ti confronti con campioni assoluti come Sainz e Loeb”, esordisce. “Le auto sono molto diverse da quelle con cui ho corso finora (Peugeot 208 e Ford Fiesta R2, Subaru Impreza, ndr). Inoltre, le tappe a cui ero abituata erano di 2-300 km, nei quali avevi tempo di trovare il feeling giusto. Qui, invece, il tracciato è di sette chilometri: devi dare tutto lì. Questa categoria ti impone un cambio di mentalità molto forte, ma la trovo molto bella”. “Le Suv hanno 300 kW”, continua, “ma per ora sono limitate a 250 per ragioni di sicurezza. Speriamo che aumentino la potenza per le prossime gare. La distribuzione dei pesi è molto diversa da quella delle auto tradizionali per la presenza delle batterie, che si sente parecchio, ma il motore è come un interruttore: on-off. Quando schiacci e senti tutta la potenza arrivare in un attimo è entusiasmante”.

Agire subito. Extreme E ha come obiettivo quello di portare l’attenzione del pubblico sui temi ambientali e anche Christine è coinvolta nei progetti che il campionato supporta. “Quando ho risposto alla chiamata ero felice di dare un contributo alla causa, ma ero soprattutto onorata di potermi confrontare con piloti così grandi”, continua Christine. “Poi, però, parlando con gli esperti del comitato scientifico, vedendo da vicino gli effetti dei cambiamenti climatici nelle tappe del campionato ho capito che è davvero importante agire subito. E questa competizione è un modo efficace per farlo: gli scienziati parlano a noi e noi parliamo al pubblico. Non potremo cambiare il mondo piantando degli ulivi, come ho fatto io qui in Sardegna, o ascoltando dagli esperti come si possono prevenire o estinguere gli incendi sul nascere, ma l’ho raccontato sui social e in tanti l’hanno visto, hanno saputo, mi hanno scritto. A piccoli passi si possono fare grandi cose”.

Un sogno realizzato. Christine è ambassador di Zenith, la casa orologiera svizzera che è timekeeper della manifestazione. “Sono onorata di essere stata scelta come volto per la campagna DreamHers, che promuove le figure femminili che hanno saputo lottare per raggiungere i propri sogni”, continua GZ. “Questa è anche la mia storia ed è una campagna importante. Come quella di Extreme E, che fa correre insieme uomini e donne in nome dell’inclusione nel motorsport”. In questo i social, sui quali GZ è attivissima, possono avere un ruolo determinante. “Ci sono molte ragazze che mi scrivono e mi chiedono come entrare in questo mondo. E io dico loro che bisogna volerlo e impegnarsi davvero tanto. Io ne sono l‘esempio. Vengo dal nulla: agli inizi lavoravo al mattino in una gelateria, alla sera in un bar per mantenermi e poter fare le prime gare. Vorrei passare questo messaggio alle ragazze che hanno questo sogno: si può fare”.

Una nonna inviata speciale. C’è anche un legame speciale tra GZ e Quattroruote: “Mia nonna è stata inviata per la vostra rivista tra gli anni 50 e 60”, rivela Christine. “Faceva raid in paesi lontani e realizzava reportage di viaggio. È una tipa molto tosta: sapeva mettere mano alle auto come un meccanico, era appassionata e ha preso parte anche ad alcuni rally come navigatrice. I miei genitori, però, non sono interessati ai motori e io li ho scoperti tardi, per caso. Un giorno ho visto passare davanti a casa una Toyota Corolla da rally del 1989, del mio vicino: è stata una folgorazione. Ci sono salita e ho capito che quella era la mia vita. Da allora ho cercato di trovare il modo per correre, lavorando duro, anche in officina, cercando ogni opportunità per prendere parte alle gare. Ho scelto anche un percorso di studi che mi permettesse di avere una base tecnica. Infatti mi piace molto stare ai box: dopo le qualifiche nelle quali la nostra auto si è fermata ero sdraiata sotto la Suv per vedere dov’era il guasto e come si poteva riparare. Poi ho lasciato fare ai meccanici, ma avrei potuto farlo anche io”. Buon sangue non mente.

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