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Cronaca

Modena
L’ultimo addio alla De Tomaso

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L’agosto italiano - si sa - è un momento di disattenzione collettiva, presi come si è dal clima vacanziero che pervade l’Italia. Così è passato quasi sotto silenzio, fatta eccezione per le cronache locali, un fatto che segna l’ultimo e definitivo atto per quello che un tempo era lo stabilimento modenese della De Tomaso. Nella prima parte di agosto sono entrate in azione le ruspe per demolire quel che ancora restava dei capannoni, ormai fatiscenti, di via Virgilio. Al loro posto sorgerà, su una superficie di 2.500 metri quadrati, un centro commerciale della catena Il Globo, specializzata in abbigliamento, anche sportivo. Un’azienda nata nel 1978 a Giulianova, in provincia di Teramo, come piccolo punto vendita di calzature e via via cresciuta, fino a contare oggi su oltre 90 store in varie parti d’Italia.

Addio ultimi sogni. Se qualcuno, ancora, si faceva delle illusioni sul destino di quella superficie che pure si colloca nel cuore della terra dei motori, può dare loro definitivamente addio. Già nell’autunno del 2014, del resto, come documentano le immagini che qui riproponiamo (pubblicate sul numero di dicembre 2014 di Quattroruote), la fabbrica versava in condizioni disperate. A quel tempo, i quasi 5.000 metri quadrati dell’area, terra di nessuno nel cuore di un’area fitta di centri commerciali, risultavano ancora in vendita, in seguito a una procedura di concordato avviata nel 2007. Ben tre aste erano frattanto andate deserte, tanto da indurre il curatore fallimentare, un commercialista di Modena, a ridurre la stima iniziale di 7,7 milioni di euro a 4,88. Ma erano ancora troppi, evidentemente, per un insieme di edifici devastati da anni di abbandono, utilizzati soltanto da clandestini e senzatetto come riparo d’emergenza. Eppure, quando vi entrammo attraverso uno dei tanti buchi della recinzione, trovammo ancora resti di un’attività un tempo gloriosa: diverse maquette di supercar come la Guarà, concepita nei primi anni 90 con telaio a trave e motore BMW, scheletri di una Innocenti Mini, una fuoristrada della Uaz, malmessa e incidentata, prova di un accordo sottoscritto dall’azienda all’inizio del nuovo millennio per assemblare off-road della Simbar, ma dotate di motori turbodiesel Iveco, in un nuovo stabilimento, da realizzare a Cutro, in provincia di Crotone, grazie a contributi statali e a qualche fondo europeo per lo sviluppo. Tutto intorno, ricambi ancora inscatolati, pezzi di sospensioni, serbatoi, sedili sfasciati e, soprattutto, scaffali rovesciati, sventrati, dai quali si spargevano pagine di storia dell’azienda: documenti relativi all’assunzione di dipendenti, patti di riservatezza sottoscritti coi lavoratori, appunti tecnici sulle magagne dei prototipi riscontrate dai collaudatori, indirizzati all’attenzione del signor Santiago De Tomaso, figlio del patron Alejandro (scomparso il 21 maggio del 2003, ma già colpito da un ictus dieci anni prima). Cose da far venire il magone a chi aveva ancora impressa nella mente l’immagine indimenticabile della Pantera, la più riuscita delle De Tomaso stradali. Dal giorno della nostra visita, le cose sono andate ancora peggio. Il 22 gennaio del 2018, infatti, i vigili del fuoco sono dovuti intervenire per domare un incendio, scoppiato nei capannoni di via Virgilio. Un altro passo verso l’epilogo delle scorse settimane, che ha spazzato via l’ultima testimonianza di un’epoca - a suo modo - luminosa.

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