La Hyundai Santa Fe che è oggetto del diario di bordo di questa settimana è una Suv di dimensioni ampie, ma non esagerate (è lunga 470 cm e larga 188) e ha il propulsore più potente della gamma, il turbodiesel di 2.2 litri da 200 CV, abbinato al cambio automatico a sei rapporti e alla trazione integrale. L’allestimento è l’XPossible, molto completo: comprende tra l’altro i sedili di pelle e i proiettori allo Xeno, per un prezzo di listino di 48.350 euro. A richiesta restano la vernice metallizzata (800 euro) e il Safety pack, che include il monitor degli angoli bui, la frenata autonoma, il cruise control adattativo e le telecamere a 360 gradi (2.000 euro); entrambi questi optional sono presenti sulla vettura in prova.
Day 1. Questa volta, non mi posso proprio lamentare: mi hanno trattato bene, i colleghi delle Prove su strada. Quando chiedo loro un’auto per “ragioni di servizio”, ovvero per muovermi su strade e autostrade per svolgere una delle nostre inchieste, il mio sguardo corre ansioso sul tabellone al quale sono appese le chiavi delle auto disponibili, mentre mi domando cosa mi toccherà guidare questa volta. Molti modelli, per dire, sono impegnati per le rilevazione dei dati, per i servizi fotografici o perché nelle mani di chi ne sta scrivendo la prova su strada; altri sono invece disponibili, escluse ovviamente le supercar, inadatte ai miei scopi. Questa volta, come dicevo, la scelta mi ha premiato: oltre 400 chilometri in poco più di mezza giornata, ma nel massimo del confort. Ché questa, insieme a prestazioni di tutto rispetto, mi è sembrata la dote migliore della Hyundai Santa Fe 2.2 CRDi 4WD assegnatami per l’occasione.
Agilità. Qualche dubbio lo avevo per le dimensioni comunque discrete della Suv coreana, avendo come meta anche le strade di Genova. E, invece, la Santa Fe si è dimostrata compatibile, se non certamente con i caruggi, i vicoli della città ligure, con gran parte delle strade percorse. Quanto al parcheggio nelle strisce blu, ormai onnipresenti a Genova, una bella mano la dà la retrocamera, abbinata al navigatore con schermo TFT da 8” (uno in più del modello precedente). Le curve. Ma la vera prova, per chi arriva a Genova da Milano, è la Serravalle, una delle autostrade più vecchie d’Italia (e si vede, costellata com’è di cantieri, soprattutto nei giorni feriali). È sulle sue curve dai raggi oggi improponibili che si capisce se una Suv è adatta anche ai percorsi “mossi” o se, invece, il suo comportamento è tale da sconsigliare qualsiasi velleità, pene indicibili sofferenze per i passeggeri (e, nel caso, per gli eleganti rivestimenti di pelle dei sedili della versione XPossible della Santa Fe). Personalmente, non mi posso lamentare: anzi, selezionata l’opzione sport col tasto Drive mode, mi sono trovato a gestire uno sterzo più pesante ma preciso, con angoli del volante limitati per impostare le traiettorie corrette, nei limiti prestazionali concessi dal… Tutor, presente tra Serravalle e Genova (e viceversa). Anche l’ambizione di azionare manualmente con la leva sul tunnel (non ci sono i paddle) il cambio sequenziale a sei rapporti, finisce rapidamente nell’(ampio) cassetto portaoggetti: meglio lasciar far tutto all’automatico, che la marcia giusta la trova lui senza incertezze o fastidi, risparmiandomi anche questo minimo sforzo. L’elettronica. La mia seconda meta della giornata è, però, Piacenza e questo mi permette di godermi sul rettilineo infinito e noioso dell’Autosole gli innumerevoli dispositivi di sicurezza di cui questa Santa Fe è dotata (fanno parte del Safety Pack opzionale). Se il BSD (controllo dell’angolo cieco) e l’LDWS (controllo di corsia) mi sono familiari, meno lo è l’SCC, il cruise control auto-adattivo, ovvero lo strumento che oggi più si avvicina alla guida autonoma. Perché, impostati i 130 di rigore e la distanza che s’intende mantenere dal veicolo che precede, al resto pensa lui, rallentando (anche decisamente) quando gli spazi scendono sotto il livello di guardia e riaccelerando a strada sgombra, in piena autonomia. Funziona? Certamente. E se, data la doverosa occhiata agli specchietti, ci si sposta di corsia per un sorpasso, il dispositivo permette alla Santa Fe di aumentare rapidamente l’andatura, riportandola al limite massimo preimpostato senza bisogno di azionare altro che il volante (e il comando degli indicatori di direzione, altrimenti scatta l’allarme sonoro dell’LDWS). Sistemi “autosufficienti” come questo richiedono un po’ di abitudine, le prime volte, ma siamo sicuri che si diffonderanno. Mentre inseguo qualche stazione sulla radio DAB e mi avvicino al casello finale dell’Autosole, il pensiero va al prezzo di questa Santa Fe: 51.150 euro sono tanti, ma per questo mese la Casa offre una promozione che fa scendere la cifra a 43.150 (Ipt esclusa). Cifra più ragionevole. Anche perché le dotazioni sono di primissimo livello. Emilio Deleidi, redazione Inchieste
Day 2. Imponente anche se non enorme, la Hyundai Santa Fe è una Suv dalle linee gradevoli. Il recente restyling le ha donato un look più moderno, aggiornando mascherina e paraurti, oltre a dotarla di nuovi gruppi ottici. Ma è all’interno che questa coreana riserva le sorpese maggiori. Nel grande abitacolo, infatti, si respira un’atmosfera ovattata dove, almeno in questo allestimento, si fa grande sfoggio di pelle per selleria e plancia, cuciture a vista, plastiche gradevoli al tatto e, in generale di un’apprezzabile cura per i dettagli. Ne rimango piacevolmente colpito. Non ci metto molto a trovare la posizione di guida ideale, premo il tasto start e, dopo aver messo in “drive” il selettore del cambio automatico mi avvio verso casa. Piove e il traffico è anche abbastanza intenso; insomma, non proprio le condizioni ideali per mettere alla prova le doti di questa vettura. Nonostante questo mi basta percorrere pochi chilometri per apprezzare alcune delle sue caratteristiche. Il motore è corposo e pigiando sul pedale dell’acceleratore la risposta dei 200 CV del turbodiesel si fa sentire all’istante con un notevole “tiro”, in barba alla massa di quasi due tonnellate. Le sospensioni sono morbide e votate al massimo confort: assorbono bene buche, dossi e asperità, anche se nelle curve più “allegre” tendono ad alleggerire il posteriore. Il volante è progressivo e regala subito un buon feeling con l'asfalto sebbene sul misto accusi un po' di sottosterzo. Certo, sto cercando il pelo nell'uovo, perché in quest'auto tutto è studiato per assicurare comodità e viaggi tranquilli a guidatore e passeggeri pur senza mortificare chi vuole qualche spunto leggermente più sportivo. Insomma, pur sforzandomi di non sperticarmi in lodi stucchevoli per questa Santa Fe, devo ammettere che sono poche le note stonate, e comunque si tratta di dettagli. Fra questi il poggiatesta un po' invadente, sporgendo troppo in avanti spinge sulla nuca e alla lunga rischia di far venire il mal di collo, mentre il selettore del "Drive Mode" posizionato, in basso a sx - così come i tasti del mantenimento corsia e del rilevamento dell'angolo cieco - costringe a distogliere pericolosamente lo sguardo dalla strada. Infine, l'ampio bagagliaio ha il vizio di "inghiottire" gli oggetti: in fondo, in prossimità dei sedili, nasconde un piccolo spazio vuoto e così un ombrellino di mia figlia con il movimento della vettura finisce al suo interno costringendomi a sudare non poco per ripescarlo. Per il resto, c'è poco da dire: l'ampio display da 8'' con telecamera che copre una visuale di 360° all'esterno della vettura mi permette di compiere le manovre di parcheggio per entrare nel mio stretto box come se nulla fosse. Una gran bella comodità. Tutto bene, insomma? Tutto, o quasi. Perché - come già accennava il collega che mi ha preceduto - è difficile non parlare del prezzo: per quanto dotazioni e qualità non manchino, gli oltre 50.000 euro di questa Santa Fe (al netto della promozione di questo mese), a mio giudizio sono un po' troppi da digerire. Roberto Barone, redazione Internet
Day 3. A parità di livello, tra i modelli Hyundai e Kia di solito preferisco quelli della seconda. La meccanica è la stessa, ma l’abitacolo in genere è più curato e con uno stile più europeo. Questa Santa Fe, però, fa subito una buona impressione. Saranno i sedili di pelle chiara, sarà la plancia ben costruita e con comandi piacevoli da azionare, sta di fatto che ci si trova subito a proprio agio. Del resto, una dote delle vetture coreane, come già delle giapponesi, è di essere facili da guidare: non sono certo delle driver’s car, ma si conducono con grande naturalezza. Confort, facilità d’uso, affidabilità, lunga garanzia: caratteristiche seduttive per una fascia sempre più ampia di pubblico e che anche la Santa Fe possiede. Resta lo sterzo perfettibile: progressività e precisione non sono certo al top, ma per un’andatura turistica (adatta all’indole di questa vettura) può andar bene. Così, grazie anche al propulsore silenzioso e al cambio automatico, i chilometri scorrono facilmente senza affaticare e in breve arrivo a destinazione. È l’occasione per dare un’occhiata più approfondita a questa grossa Hyundai: l’abitacolo si conferma ben curato, anche se non si può certo parlare di lusso. I materiali sono di buona qualità e soprattutto sono ben assemblati, poi non mancano dettagli apprezzabili, come le bocchette per i posti dietro sui montanti centrali e le leve sui fianchi del bagagliaio per lo sblocco degli schienali del divanetto posteriore. Certi particolari di finitura, però, non sono all’altezza: per esempio, sempre nel vano di carico i lati di plastica rigida stonano su una vettura che ha un prezzo di listino che sfonda la soglia dei 50.000 euro. Roberto Boni, redazione Prove su strada - Tecnica
Day 4. Sono in mostruoso ritardo la sera in cui arriva il mio turno di guidare la Santa Fe. Certo, sono quasi le nove e quindi il traffico delle ore di punta si è già "sfogato", ma ne ho di strada da fare e "con una Suv di queste dimensioni non posso pretendere più di tanto"... penso fra me e me. Basta davvero poco per ricredermi. Nonostante superi le due tonnellate, una volta affondato il piede sull'acceleratore mi viene il dubbio di aver sbagliato chiave per la stanchezza e di aver preso una i30... anche se la posizione di guida rialzata tipica di una Suv è lì a fugare ogni dubbio. Il suo turbodiesel di 2.2 litri da 200 CV, ben abbinato al cambio automatico a sei rapporti, è davvero entusiasmante in proporzione alla mole: scattante ai bassi regimi, allunga con decisione fino ai 4.500 giri, dove inizia la zona rossa. La trazione integrale e l'assetto, adatto al fuoristrada così come a non farti sobbalzare troppo su dossi e buche cittadine, offrono il giusto compromesso anche quando si affrontano curve e rotatorie, riducendo al minimo il rollio. Ecco, concordo con il collega sullo sterzo, decisamente più adatto a un altro stile di guida, mentre la frenata richiede un po' di apprendistato per essere modulata al meglio. Come sulle sorelle, anche questa Hyundai si fa apprezzare per la "pulizia" della plancia e della console, con pochi tasti grandi ed esattamente lì dove ti aspetti di trovarli. Sono arrivato a destinazione con molto meno ritardo del previsto, e mi fermo ancora un attimo per un paio di verifiche. Innanzitutto mi accomodo sul divano posteriore e noto con piacere che davanti alle mie ginocchia c'è ancora parecchio spazio. Poi scendo, passo in coda e sollevo il portellone: la profondità del vano dà la sensazione che ci sia volume più che sufficiente per un viaggio o per i bagagli di un'intera famiglia (i dati dichiarati parlano di 534 litri, che possono diventare 1.582 abbattendo gli schienali). Alessandro Carcano, redazione Internet
Day 5. Chiudo il diario di bordo della Hyundai Santa Fe con l’ultimo giro di chiave. Come prima considerazione condivido tutto quel che hanno scritto i miei colleghi, con l’aggiunta di qualche nota: siamo in presenza di una versione 4x4, merce che sta diventando rara ma che giustifica in parte il prezzo di listino. La Hyundai punta da tempo sul sistema TOD (“Torque on Demand”) ovvero una trazione anteriore al 99% che in una frazione di secondo - davvero un istante – si trasforma in una quattro ruote motrici con distribuzione modulata della coppia fino ad un massimo del 50% davanti e il 50% dietro. Il sistema è costruito dalla Magna, si chiama Dynamax ed elimina quasi del tutto la necessità di destreggiarsi con marce e differenziali anche per il fuoristradista non esperto, a maggior ragione per questa Santa Fe automatica. L’unico comando disponibile è il “Lock” – a sinistra sotto il volante - che blocca le frizioni per trasmettere la coppia simmetricamente, in modo che, indipendentemente dal grip, una certa quantità di spinta arrivi su ogni singola ruota. Così la Santa Fe riesce a muoversi persino con un singolo pneumatico in presa. Cosa si può fare con questa 4x4? Direi parecchio, vista l’altezza da terra di tutto rispetto, 18,5 centimetri. Il bagnato è ovviamente sotto controllo, avere una certa spinta sul retro aiuta a controllare meglio il sottosterzo e altrettanto lo è la neve o lo sterrato, ovviamente a patto di avere delle gomme ad hoc. La coppia del motore è largamente sufficiente anche se la massa non è proprio da peso leggero - un paio di tonnellate - e lo si sente bene valutando i movimenti della cassa (no, non sono soldi che vanno e vengono, mi riferisco al rollio e al beccheggio quando si guida in modo allegro). Quello che potrebbe essere scambiato per un difetto in realtà è di grande aiuto sui terreni sconnessi, perché vuol dire che le sospensioni hanno un’escursione molto ampia per superare i dislivelli e mettersi al riparo da possibili spanciamenti, e garantiscono anche un buon confort e l’affidabilità, che alla fine sembra davvero essere il punto forte della Santa Fe. Pensate che negli Usa - seppure con qualche condizione - questa Suv ha una garanzia di dieci anni. Carlo Bellati, redazione WebTV
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