È divertente notare l'espressione sorpresa di chi apprende che la 33 è l'Alfa Romeo prodotta in più esemplari dopo l'Alfasud. Non la Giulia Super, o la GT, proprio la 33, con 967.654 vetture costruite fra il 1983 e il 94, considerando berlina e wagon. Numeri non lontani da quelli della gamma Alfasud, in vetta con 1.028.258 unità assemblate tra berlina, giardinetta e Sprint. Il fatto è che la storia del Biscione è costellata di icone del design e dello sport. E poi ci sono i modelli considerati, diciamo così, ordinari che la storia l'hanno fatta più con i numeri che con la libidine. Questo mese la prima serie della 33 compie 40 anni e andrebbe festeggiata come merita. Perché è stata una berlina quattro porte dalla carriera longeva e proficua, che ha saputo evolversi senza smarrire la sua identità. E questo nonostante fosse "figlia" di Pomigliano d'Arco proprio come l'Alfasud, della quale fortunatamente non condivise i problemi tecnici e la reputazione controversa e folcloristica. Dica 33: il numero fu scelto per rinverdire il quadrifoglio delle vetture Sport campioni del mondo nel decennio precedente.

Rispetto alla progenitrice Alfasud, la 33 ebbe un atteggiamento ambivalente. Continuità del boxer? Sì, grazie. E così la gamma 1983 ricevette in tre motorizzazioni a 4 cilindri contrapposti e 8 valvole, alimentate da un carburatore Weber doppio corpo. Si andava dalla 1.2 da 68 cv e 164 km/h, alla 1.3 da 79 cv e 167 km/h. Il propulsore più ambito era però il 1.5 da 85 cv, con velocità massima di 171 km/h, ereditato dalla poco diffusa Alfasud Super 1.5 quattro porte. La versione più potente era disponibile anche nella signorile versione Quadrifoglio Oro, dall'allestimento più curato: volante di legno, interni di tessuto pregiato, mascherina color argento metallizzato, ampi fascioni neri laterali, profili color oro nei paraurti e copricerchi integrali.
Linee tondeggianti e coda tronca? No, grazie: siamo negli anni 80, quelli delle matite tese e decise, nel design industriale come nella moda. La 33 ruppe gli schemi Alfa con una linea moderna e originale a due volumi e mezzo, o "due volumi spezzato", ideata dal Centro Stile di Arese diretto da Ermanno Cressoni. Il muso era basso e filante; le fiancate fortemente a cuneo come la Giulietta, ma variavano l'inclinazione della cintura fra anteriore, corpo vettura centrale e posteriore. La coda restava molto alta e verticale, a tutto beneficio del bagagliaio. Le sospensioni anteriori presentavano uno schema MacPherson; le posteriori l'assale rigido, bielle longitudinali e barra Panhard, con ponte posteriore ridisegnato e semplificato rispetto all'Alfasud. Novità per i freni, comunque un po' sottodimensionati: a disco sulle ruote anteriori (non più in-board) e a tamburo sulle posteriori.

La conferma che la macchina c'era e avrebbe visto il lieto fine venne già nell'84 quando la 33 fu proposta anche nella variante 4x4 Giardinetta. Fu disegnata da Pininfarina, che aveva giocato d'anticipo nel 1982 con un prototipo Alfasud a trazione integrale. La versione wagon presentava un sistema di quattro ruote motrici attivabile con comando meccanico. Fu scelto il millecinque da 85 CV della berlina Quadrifoglio Oro, con rapporti più corti e piccole modifiche alla sospensioni, il serbatoio arretrato e il bagagliaio decisamente più capiente. La Giardinetta manteneva la stessa linea pulita, equilibrata e dinamica della berlina anche con il padiglione allungato e chiuso dal portellone. Sarebbe diventata una delle versioni più richieste della 33, con la carrozzeria estesa alle versioni a trazione anteriore, entrando dalla porta principale in una nicchia di mercato che per Arese era tutta nuova. Di suo, anche la trazione integrale sarebbe diventata un'opzione disponibile su buona parte della gamma Alfa Romeo.
Classica a tutti gli effetti, la prima serie della 33 è un buon punto di partenza per chi vuole diventare un collezionista del Biscione. Anche se ne sono state vendute quasi un milione, di 33 sopravvissute alle ondate di rottamazione in ottime condizioni ne sono rimaste pochine. Se le quotazioni delle versioni più pregiate come la Quadrifoglio Verde del 1984, la Imola o la Permanent 4 sono già sfuggite di mano, il valore collezionistico della berlina Quadrifoglio Oro è ancora relativamente basso, sotto i cinquemila euro. Ecco perché questo è il momento buono per cercarla, insieme alla più rara e particolare 4x4 Giardinetta. In fondo, l'incipit di una storia di successo è sempre da tenere in degna considerazione e va celebrato come merita. Anche per la 33, la vita (ri)comincia a quarant'anni.
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