A fare scalpore sono stati i 2,722 euro al litro praticati al self-service nell’area di servizio Villoresi ovest dell’autostrada A8 dei Laghi, direzione Milano. Un caso limite per far scattare le reazioni indignate di associazioni dei consumatori in cerca di visibilità e invocare l’intervento della Guardia di Finanza. Il problema, però, è ben più ampio e va al di là della società di gestione di una singola area di servizio autostradale, dov’è facile evitare di fermarsi semplicemente informandosi un po'. Il problema è che la media dei prezzi dei carburanti in tutto il Paese è elevata, come confermano i dati diffusi sul sito del ministero delle Imprese e del made in Italy con cadenza settimanale: quegli stessi dati regionali - per inciso - che i gestori delle stazioni di servizio sono obbligati a esporre dal decreto del governo recentemente entrato in servizio (e rivelatosi del tutto inefficace). Importi ormai stabilmente superiori a 1,9 euro al litro per la benzina in modalità self, quando non ai due euro. E questo in una situazione che non registra particolari tensioni dei prezzi delle materie prime sui mercati, né l’acuirsi delle crisi geopolitiche internazionali già in atto.

Sistema da rivedere. Il problema è, quindi, strutturale. La distribuzione dei prodotti petroliferi opera ormai da tempo immemore secondo le leggi di mercato, in base alle quali è normale che, a fronte di un aumento della domanda, si registri un incremento dei prezzi. È uno dei principi base dell’economia, contro il quale si può fare ben poco: abbiamo ripreso a viaggiare, dopo il grande blocco del covid; abbiamo voglia e bisogno di alberghi, spiagge, ristoranti, benzina e gasolio. E i prezzi salgono, almeno finché la domanda resta alta (oltre certi livelli, come accade per la pressione fiscale, si ferma o cala, e questo può portare a un ridimensionamento delle tariffe). L’alternativa a questa classica dinamica dell’economia liberista è data dall’intervento dello Stato. I governi hanno in parte seguito questa seconda strada, con la temporanea riduzione delle accise sui carburanti; e pure in altri settori si è assistito a mosse simili, per esempio con il discusso decreto sulle tariffe aeree. Azioni talvolta utili, ma non sempre legittime, in un sistema basato sulla concorrenza tra imprese private; la politica può varare sostegni che gravano sul bilancio pubblico e giovano (solo) temporaneamente ai consumatori, ma non può imporre tariffe. Qualcuno ricorderà che molti decenni or sono, i prezzi dei carburanti erano stabiliti dallo Stato e uguali per tutte le società petrolifere: qualcosa oggi del tutto inattuabile. E, poi, quanti invocavano proprio la liberalizzazione delle tariffe, ritenendo che la concorrenza avrebbe portato a una loro diminuzione? La libertà di mercato ha un prezzo. Ed è quello che stiamo pagando.
Interventi possibili. Non si può fare nulla, allora, se non allargare le braccia e aprire portafogli sempre più vuoti? Non proprio, se vogliamo. Più che d’interventi spot, il sistema della distribuzione dei carburanti ha bisogno di trasformazioni strutturali, che permettano di ridurre i costi; una razionalizzazione della rete promessa ormai da decenni e mai realmente attuata. Servono meno impianti (ne abbiamo oltre 20 mila), più efficienti, moderni e, magari, integrati da colonnine elettriche di ricarica. Ma serve anche una revisione del sistema di distribuzione nelle aree di servizio autostradali, in particolare del meccanismo delle royalty che le petrolifere versano alle società concessionarie stesse, sulla benzina come sulla tazzina di caffè (oil & food). E, a livello politico, serve che governo e parlamento decidano se vogliono restare in un’economia di libero mercato o preferiscano abbracciare un dirigismo statalista, intervenendo sui profitti delle imprese private. Stanno cercando di farlo, non senza difficoltà, con il settore bancario; non sembra, al momento, che abbiano lo stesso intento per quanto riguarda quello petrolifero. In caso contrario, sta a noi consumatori cercare di difenderci: informandoci il più possibile, scegliendo gli impianti meno esosi ed evitando accuratamente chi applica prezzi di 2,7 euro al litro.
Per il governo va bene così. Dunque, a fronte di tutto ciò cosa intende fare il governo Meloni? Per ora nulla e a confermarlo è il ministro delle Imprese e del Made in Italy Alfredo Urso, secondo cui "il prezzo industriale della benzina depurato dalle accise è inferiore rispetto ad altri Paesi europei come Francia, Spagna e Germania". Di più. Per l'esecutivo, "è falso quanto affermano alcuni esponenti politici che il prezzo di benzina e gasolio sia fuori controllo, anzi è vero il contrario: l'Italia ha fatto meglio di altri Paesi europei".
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