L'Acea chiede all'Europa di far slittare al 2027 l'introduzione dei limiti sulle emissioni previsti nel 2025, ovvero una media di 95 g/km di CO2 per la gamma di ciascun costruttore, e spiega dettagliatamente il perché. Il documento dell'associazione delle Case europee, trapelato nelle ultime ore, si rivolge a Bruxelles e parte dal fatto che il mercato non è pronto a recepire i nuovi standard: questo non solo per le difficoltà degli stessi costruttori, ma anche per la mancanza di infrastrutture adeguate e di economie di sostegno all'acquisto di auto elettriche. Secondo l'Acea, per raggiungere gli obiettivi dell'Europa le Bev dovrebbero guadagnare una quota di mercato di almeno il 22% (escluse le produzioni cinesi) e questo nella migliore delle ipotesi: altre realtà, come la società di analisi Dataforce, indicano addirittura il 37%. Inutile ricordare come questi numeri si scostino drasticamente dalla realtà: attualmente, in tutta l'Unione, le Bev pesano per meno del 15% delle vendite totali di auto.
Multe, chiusure, produzione al lumicino. "L'Unione Europea si trova in una crisi causata dalla scarsa richiesta di veicoli elettrici da parte dei consumatori e dalla concorrenza sleale dei produttori di veicoli elettrici dei Paesi terzi, il che significa che l'industria Ue non sarà in grado di raggiungere gli obiettivi di riduzione delle emissioni", si legge nel documento dell'Acea. Dunque, l'associazione ritiene improponibili i limiti Cafe (acronimo di Corporate Average Fuel Economy) imposti per il 2025 e traccia quattro differenti scenari "bui": il primo prevede lo stop alla produzione di 2 milioni di automobili e di 700 mila van per portare la media delle emissioni dei costruttori al di sotto delle soglie imposte, un intervento che si tradurrebbe nella chiusura di oltre otto fabbriche per un anno; il secondo prevede di non intaccare la produzione, esponendo i costruttori a multe per 13 miliardi di euro per le auto e di più di 3 miliardi per i van; il terzo parla di una "drastica riduzione" dei prezzi delle auto elettriche, per venderne di più intaccando i margini a meno di interventi di incentivazione; il quarto riprende il concetto di "pooling" e di alleanze con costruttori extraeuropei per ridurre i valori medi di emissione, compensando le termiche vendute da un marchio con le elettriche di un brand straniero ma generando un ulteriore danno all'industria del continente.
Previsioni (troppo) ottimistiche. Secondo l'Acea, nel 2025 i costruttori europei venderanno 500 mila auto elettriche e 150 mila veicoli commerciali in meno rispetto a quanto previsto dalla futura normativa. Normativa, però, che è stata concepita nel 2019, basando i calcoli di riduzione delle emissioni sui dati registrati dal 2016 e prevedendo una rapida crescita del mercato delle elettriche. Uno scenario completamente smentito dai fatti, che ora richiedono di intervenire rapidamente. Se l'Europa non lo farà, è la linea dei costruttori, dovrà affrontarne le conseguenze.
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