Donald Trump ha annunciato una conclusione "positiva" per le trattative commerciali con il Giappone: i due Paesi hanno raggiunto un accordo per mitigare le tensioni scatenate dai dazi introdotti dall'inquilino della Casa Bianca e, soprattutto, ridurre al 15% le tariffe doganali reciproche.
Auto e alimentari. L'intesa è la seconda del genere dopo quella con il Regno Unito, quantomeno per l'importanza della posta in gioco (altri accordi hanno interessato Paesi meno rilevanti dal punto di vista economico, come Vietnam o Indonesia) e stabilisce tutta una serie di disposizioni: oltre ai dazi al 15% (valore inferiore al 25% attuale, ma superiore al 10% in vigore fino a pochi mesi fa) è prevista, per esempio, una maggior apertura del Giappone alle esportazioni statunitensi di diversi beni, a partire da auto e derrate alimentari come il riso. "Abbiamo appena concluso un accordo enorme con il Giappone, forse il più grande mai concluso", ha scritto Trump sulla sua piattaforma Truth. "Il Giappone aprirà il suo Paese al commercio, inclusi automobili e camion, riso e altri prodotti agricoli, e pagherà agli Stati Uniti dazi reciproci del 15%". "Un ottimo affare per tutti", ha aggiunto Trump durante un ricevimento con i membri repubblicani del Congresso.
I riflessi sull'auto. L'accordo è particolarmente importante per i costruttori automobilistici giapponesi, visto che le loro esportazioni verso gli Stati Uniti rappresentano la maggior parte dell'attuale avanzo commerciale del Giappone, pari a 63 miliardi di dollari. Non a caso, il premier giapponese Shigeru Ishiba ha evidenziato la riduzione dei dazi al 15% (rispetto ovviamente all livello paventato da Trump) proprio sulle auto e, soprattutto, l'assenza di quote alle importazioni, al contrario di quanto stabilito dall'accordo tra Washington e Londra. "Siamo riusciti a ottenere una riduzione dei dazi su automobili e ricambi auto senza restrizioni quantitative, prima del resto del mondo", ha aggiunto Ishiba. Per ora, l'accordo non copre altri ambiti commerciali come l'acciaio e l'alluminio, su cui continueranno a gravare dazi del 50%, né l'aumento delle spese militari, chiesto a gran voce dagli Usa. Trump ha aggiunto un ulteriore dettaglio, per ora non meglio precisato nei suoi contorni: "Su mia indicazione, il Giappone investirà 550 miliardi di dollari negli Stati Uniti, che riceveranno il 90% dei profitti", ha dichiarato il presidente, sostenendo che i nuovi capitali creeranno centinaia di migliaia di posti di lavoro. Altro, per ora, non si sa, ma Ishiba ha citato settori di rilevanza strategica come semiconduttori, acciaio, cantieristica navale, aviazione, energia e intelligenza artificiale. Inoltre, sarà avviata una joint venture per il gas naturale liquefatto in Alaska.
Detroit non è convinta. I costruttori automobilistici statunitensi non hanno accolto con grande favore l'intesa tra Washington e Tokyo. L'American Automotive Policy Council, che rappresenta GM, For e Stellantis ed è stato critico pure sul compromesso raggiunto con Londra, non ha mancato di esprimere dei timori non tanto per l'accordo in sé, quanto per la differenza di trattamento con Messico e Canada, le cui esportazioni di auto sono soggette a dazi del 25% (Trump, però, ha minacciato un aumento, rispettivamente, al 30% e al 35% dall'1 agosto). "Qualsiasi accordo che imponga una tariffa più bassa per le importazioni giapponesi praticamente senza alcun contenuto statunitense rispetto alla tariffa imposta sui veicoli costruiti in Nord America con un alto contenuto statunitense è un cattivo affare per l'industria e i lavoratori dell'auto degli Stati Uniti", ha affermato il presidente Matt Blunt. Le sue parole hanno scatenato la pronta reazione della Casa Bianca: il portavoce Kush Desai ha difeso l'accordo, definendolo "una vittoria storica per le case automobilistiche americane che pone fine alle ingiuste barriere commerciali del Giappone per le auto di fabbricazione americana".
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