L'industria italiana dell'auto è entrata in una crisi che rischia di avere conseguenze drammatiche: dopo il 2024, anno nero per la produzione di veicoli, ora arriva l'allarme della società di consulenza PwC Strategy& Italia. Nello studio “Regearing for growth”, la ricerca parla di "una condizione senza precedenti per un settore industriale di fondamentale importanza per il sistema Paese. L’attuale crisi", spiega Francesco Papi, Partner di Strategy& e Automotive leader di PwC Italia, "potrebbe portare ad una perdita di oltre 70 mila posti di lavoro e 10 miliardi di euro di Pil all’anno considerando gli effetti diretti e l’indotto”. In numeri, lo studio prevede un calo della forza lavoro di 77 mila unità (da 507 mila a 430 mila), una riduzione del contributo al Prodotto interno lordo da 62 a 53 miliardi di euro e un minor gettito fiscale per 3 miliardi di euro (da 18 a 15 miliardi).
Minimi storici. Alla fine del 2024, la produzione di veicoli leggeri ha raggiunto i minimi storici, scendendo a meno di 600 mila unità, il 67% in meno rispetto al 2000 quando era a circa 1,7 milioni. Anche in Europa il settore è diminuito, ma meno drasticamente (il calo di volumi è stato del 20%). Inoltre, gli ultimi anni sono stati caratterizzati da un’elevata volatilità e incertezza, che ha portato, sempre in Italia, a una produzione effettiva inferiore del 30% rispetto alle previsioni (la percentuale si riduce al 6% per l'intera Europa). Un ulteriore segnale negativo è rappresentato dai livelli di saturazione delle fabbriche italiane, un indicatore chiave per la profittabilità del comparto industriale. Nel 2024, il tasso di utilizzo medio degli impianti produttivi delle Case automobilistiche in Italia (lo studio non cita espressamente Stellantis, ma il riferimento è chiaro visto il peso del gruppo nel nostro Paese) è sceso dal 72% del 2017 al minimo storico del 38%. Nell'Unione Europea, invece, si è passati dal 67% al 53% nello stesso arco temporale e il divario tra il nostro Paese e gli altri partner comunitari è destinato a raggiungere la massima ampiezza proprio quest'anno: "Se questo trend non verrà invertito, la componentistica automotive in Italia potrà perdere fino a 25 miliardi di euro di fatturato tra il 2025 e il 2027", avverte PwC. D'altro canto, le previsioni non sono rosee: fino al 2027, è atteso un tasso intorno al 50% per la Ue e al 40% per la sola Italia.
I benefici della riconversione. Detto questo, lo studio affronta il tema della possibile riconversione. Il presupposto è rappresentato dall'aumento della spesa italiana della Difesa, in linea con gli impegni europei. Dopo aver raggiunto i 33,7 miliardi di euro nel 2024, si prevede una crescita fino a 51,5 miliardi nel 2027 e oltre 80 miliardi di euro entro il 2035. In termini di incidenza sul Pil, l’Italia passerà da una spesa pari all’1,5% nel 2024 al 2,3% nel 2027, fino al 3,5% nel 2035. In Europa, il budget complessivo salirà da 326 miliardi nel 2024 a 690 miliardi nel 2035, con un peso sul Pil destinato a quasi raddoppiare all’3,5%. Tuttavia, gli autori della ricerca ritengono che per sostenere una crescita del genere occorra intervenire su alcune debolezze strutturali del settore: incrementare la capacità produttiva, rafforzare la base dei fornitori, accelerare nello sviluppo e l’adozione di tecnologie avanzate. Per Cesare Battaglia, Partner di PwC ed Emea and Italy Aerospace & Defense leader, "la crescita della spesa per la Difesa non è solo una risposta geopolitica: è una leva industriale. L’Italia ha l’opportunità concreta di riconvertire importanti asset produttivi di numerose filiere, d in particolare del settore automotive, in capacità strategiche per la sicurezza europea. Parliamo di impianti, competenze e tecnologie già esistenti, che possono essere riattivati in tempi rapidi. Serve una regia pubblico-privata e serve farlo ora, prima che il gap industriale diventi strutturale". Del resto, il 16% dei fornitori automobilitici italiani opera già nella Difesa. Le aree con maggiore sovrapposizione riguardano motori (32%), elettronica (22%), bodywork & chassis (19%), interni ed esterni (16%) e piccola componentistica (11%). E poi la riconversione può generare diversi vantaggi: i contractor della Difesa possono aumentare la produzione usando impianti automotive poco sfruttati, mentre le filiere possono integrarsi attraverso acquisizioni e partnership strategiche: le istituzioni possono proteggere l’occupazione e riqualificare la forza lavoro; i fornitori automotive solidi possono diversificare il business e ottenere contratti più lunghi e redditizi; le tecnologie automotive, come gli Adas, possono essere riutilizzate per applicazioni difensive come i veicoli terrestri autonomi.
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