Dopo il caos mediatico delle settimane scorse, tra interpretazioni di fantasia e ipotesi di ripensamenti, può essere utile spiegare come funzionano i controlli sulla droga. E, dunque, se e quanto si rischia mettendosi al volante dopo avere assunto sostanze stupefacenti o psicotrope.
Dall’effetto alla guida alla semplice assunzione. Partiamo dalla novità che ha generato questa ridda di notizie e smentite. Il 14 dicembre 2024 è entrata in vigore la riforma del Codice della strada. Tra le norme modificate c’è anche l’articolo 187, quello che disciplina la guida dopo l’assunzione di sostanze stupefacenti. Semplificando al massimo, il legislatore è passato dal concetto di guida in stato di alterazione dopo aver assunto stupefacenti a quello di guida dopo l’assunzione di quelle sostanze. Insomma, affinché si configuri il reato è sufficiente, adesso, avere la prova dell’assunzione, indipendentemente dal fatto di esserne sotto un effetto visibile.
Il dubbio e la polemica. Non solo. Siccome la norma non parla di quantità, è sufficiente che di queste sostanze vi sia traccia. Da lì l’ondata di polemiche che si è sollevata nelle settimane e nei mesi successivi in considerazione del tempo di permanenza nell’organismo di molte molecole, fino a tre giorni nella saliva, ma molti di più nelle urine, dove tracce di Thc, presente nella marijuana, possono persistere fino a 30 giorni.
Prima smentita: solo saliva e sangue. Ma era davvero così? C’era davvero il rischio di essere denunciati per essersi fatti una “canna” un mese prima? No. Come già aveva spiegato su Quattroruote di febbraio 2025 Giandomenico Protospataro, ex dirigente della Polizia Stradale e autore per l’Egaf delle pubblicazioni di riferimento in materia stradale, la ratio della norma è “provare che nei liquidi biologici sia presente la sostanza psicoattiva, non i suoi metaboliti, cioè le sostanze che il corpo produce per effetto della metabolizzazione della sostanza stessa. E l’urina è assolutamente inadeguata rispetto a questo scopo. È scientificamente dimostrato, infatti, che solo se la sostanza è presente nel sangue, e quindi anche nella saliva, che del sangue è un microfiltrato, essa produce effetti sull’organismo”. E infatti, la circolare del ministero dell’Interno dell’11 aprile scorso l’ha confermato: “La presenza dei principi attivi delle sostanze stupefacenti o psicotrope deve essere determinata esclusivamente attraverso analisi di campioni ematici o di fluido del cavo orale del conducente. La presenza di sostanze stupefacenti o psicotrope nelle urine non può essere indicativa di una intossicazione in atto”.
Seconda smentita: l’assunzione prima di guidare. Di più. L’impiego, ai fini dell’accertamento, di saliva o sangue, e non dell’urina, ha un’importante conseguenza: limita automaticamente il tempo utile ad accertare la presenza della sostanza “a una ridotta finestra temporale collegata alla recente assunzione della sostanza stessa”, come spiegava a Quattroruote Protospataro. E infatti, la nuova circolare lo conferma: “Occorre provare che la sostanza stupefacente o psicotropa sia stata assunta in un periodo di tempo prossimo alla guida del veicolo, tale da far presumere che la sostanza produca ancora i suoi effetti nell'organismo durante la guida”. Insomma, come spesso accade, tanto rumore per nulla.
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