Se anche voi guardando le foto della Microlino e della Evetta avete giocato a trovare le differenze, sappiate che siete in buona compagnia: entrambe nascono a partire dallo stesso progetto ed è stata la sentenza di un giudice a stabilire il numero minimo di dettagli differenti tra le due perché entrambe potessero essere commercializzate. Creare da zero una nuova casa automobilistica e portare sul mercato un veicolo di nuova concezione, lo sappiamo, è cosa molto difficile e il fatto che dalla Isetta oggi possano nascere due eredi è figlio proprio delle difficoltà incontrate dall’azienda svizzera Micro Mobility Systems nel trovare il partner adeguato per dare il via alla produzione di serie.
La domanda c'è (pare). Dopo aver completato la prima fase di sviluppo e aver aperto le ordinazioni, la Microlino genera un interesse di gran lunga superiore alle aspettative. I piani iniziali di produzione presso la Tazzari di Imola sono messi in discussione e viene trovato un nuovo accordo con il produttore tedesco Artega. Ma è proprio in questo momento che insorgono i problemi: la dirigenza della Microlino lamenta la scarsa qualità di alcuni esemplari di pre-serie realizzati dalla Artega, scatenando la reazione di quest’ultima che dopo alcuni mesi annuncia di avere i diritti per costruire una sua versione del quadriciclo elettrico ispirato alla Isetta. Nel frattempo, la Microlino trova un nuovo partner, la Cecomp di Torino (che ha iniziato a produrre gli esemplari di serie), ma la questione con Artega arriva in tribunale e la sentenza dichiara che entrambe le società potranno produrre il quadriciclo a patto di differenziarsi sufficientemente nell’estetica. Ed è così che per ragioni del tutto differenti la storia si è ripetuta e proprio come la Isetta degli anni 50, le eredi a batterie parleranno sia italiano sia tedesco. Ma saranno altrettanto di successo?
Come sono fatte. Le prenotazioni e l’interesse generato da entrambe le vetture ancora prima di vederle su strada in forma definitiva sembrano dare ragione a chi crede in questa soluzione di mobilità urbana a zero emissioni. Microlino ed Evetta non sono le uniche a voler puntare in questa direzione - la Citroën Ami è un ottimo esempio di come anche i grandi costruttori osservino con attenzione questo spazio - ma rispetto alla piccola EV della Casa francese, l’approccio delle Isetta moderne è differente: sono ben più potenti - hanno circa 17 CV contro gli 8 della Ami - e vantano una vera e propria monoscocca al posto di un telaio tubolare. Questo dovrebbe garantire secondo i loro creatori un livello di sicurezza passiva più vicina a quella di un’auto, sebbene siano anch’esse prive di sistemi di protezione obbligatori da anni sulle automobili come gli airbag e l’Abs; le norme di omologazione dei quadricicli non li prevedono.
Hanno anche il bagagliaio. A distinguere Microlino ed Evetta da tutte le altre EV cittadine è lo stesso sistema di accesso all’abitacolo della Isetta, con un’unica grande portiera frontale. Il design minimalista degli interni si sposa con alcuni dettagli moderni come lo schermo del cruscotto digitale, mentre l’efficiente posizionamento del motore elettrico e del pacco batteria ha permesso di ricavare anche un bel po’ di spazio per i bagagli dietro ai sedili: la Microlino dichiara una capacità di 230 litri. Entrambe hanno un’unica configurazione e meccaniche simili, sebbene gli ingegneri tedeschi dichiarino di aver apportato 150 interventi migliorativi che riguardano anche l’efficienza del propulsore elettrico e delle batterie.

Italia-Germania. Non tutto il male vien per nuocere, si potrebbe dire, perché proprio grazie alla passata controversia tra le due società oggi possiamo osservare due diverse interpretazioni della Isetta moderna. Le differenze partono con il design. L’italo-svizzera è più futuristica, ha superfici della carrozzeria pulite e due strisce di Led per i fari e i fanali di posizione. La proposta tedesca, invece, ha un linguaggio stilistico più vicino al passato, con la reinterpretazione in chiave moderna di alcuni particolari della Isetta come la maniglia e la linea curva che corre lungo tutta la fiancata. Anche il design dei copricerchi è un chiaro omaggio alla vetturetta anni 50. Come sull’antenata, il piantone dello sterzo della Evetta si muove insieme alla porta; sulla Microlino, invece, rimane fisso davanti al posto di guida. Davvero originale per tutte e due le EV, e probabilmente funzionale a semplificarne la produzione, la scelta di integrare i fari negli specchietti retrovisori.
Una valida alternativa. Con ancora tanto da scoprire sulla scheda tecnica della Evetta è troppo presto per sapere chi avrà costruito la migliore Isetta degli anni 2000 e chi sarà capace di conquistare il pubblico più vasto. La scelta di adottare una diversa tipologia di scocca e una meccanica più performante si riflette in un prezzo di listino ben diverso da quello della Citroën Ami (vicino agli 8.000 euro), che si attesta all’incirca tra i 14.000 e i 22.000 euro a seconda delle versioni. Un listino comunque di gran lunga inferiore a quello di gran parte delle auto elettriche sul mercato. Il peso ridotto, le batterie di piccolo taglio e le dimensioni compatte rendono queste piccole EV molto interessanti per muoversi senza emettere CO2, andando a limitare le emissioni anche in fase di produzione e smaltimento. Bisogna però scendere a dei compromessi: gli standard di sicurezza dei quadricicli sono ancora lontani da quelli delle automobili e senza incentivi i prezzi si avvicinano o addirittura superano quelli di molte citycar a benzina.
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