Il circuito di Monza è tornato a ospitare quest’anno la prova italiana del Wtcc (World touring car championship), il campionato mondiale Turismo: non accadeva dal marzo del 2013, quando a imporsi sul circuito brianzolo era stato il francese Yvan Muller, quattro volte vincitore del titolo della specialità, con la Chevrolet Cruze. Oggi lo scenario è cambiato: scomparso il marchio Usa dal mercato europeo, chiusa l’era della presenza ufficiale della Citroën, tornata ai rally dopo aver dominato diverse stagioni con le sue berline (ora affidate a team privati e ancora competitive), protagoniste della categoria sono soprattutto le Volvo S60 Polestar e le Honda Civic. Quest’ultime sono realizzate e gestite, per conto della Casa giapponese, dalla Jas Motorsport che, a dispetto del nome, è italianissima (ha sede alle porte di Milano). Abbiamo chiesto ad Alessandro Mariani, team principal della Jas incontrato a Monza, quali siano le caratteristiche delle Civic “made in Italy” e come si articoli il rapporto tra la squadra e il costruttore nipponico.
Ingegnere, ci ricorda, per prima cosa, quali sono le caratteristiche che differenziano le Civic del Wtcc da quelle stradali?
Per regolamento, utilizziamo la scocca e le dimensioni base della vettura di serie; si possono spostare gli attacchi delle sospensioni e del motore, ma entro piccole tolleranze. Resta invariato il tipo di trazione (anteriore o posteriore); molti componenti, dal parabrezza ai finestrini, sono uguali a quelli della versione di produzione. Su tutto il resto, si può lavorare, sia con forme sia con materiali diversi, perché la formula lascia una discreta libertà. Una volta omologata la vettura, però, è consentito introdurre per ogni anno un numero massimo di modifiche: quindi, se si parte tardi o svantaggiati per qualche motivo, ci vuole poi diverso tempo per recuperare.
Che cosa è consentito in merito ai motori?
Ci sono due filosofie diverse, entrambe permesse: si può impiegare il blocco di serie o se ne può utilizzare uno completamente libero, come facciamo noi, che abbiamo optato per un 1.600 turbo con potenza tra 370 e 400 CV, a seconda delle mappature elettroniche selezionate in funzione delle diverse piste. La Civic ha trazione anteriore ed è un’auto abbastanza sofisticata.
Da qualche anno è stata liberalizzata anche l’aerodinamica…
Dal 2014 abbiamo avuto più libertà, in questo campo: abbiamo un fondo piatto completo, passaruota più larghi, un look molto più aggressivo; le prestazioni sono migliorate di 2-3” al giro.
Ci spiega quali sono i rapporti tra la Jas Motorsport e la Honda?
Abbiamo un contratto con Honda Motor che ci affida il design, la progettazione e lo sviluppo del telaio; Honda R&D fa lo stesso per il motore, con l’apporto della Mugen. Noi, poi, operiamo il racing team, sotto la mia responsabilità diretta. La collaborazione e l’integrazione tra le due realtà è cresciuta col tempo: negli sviluppi degli ultimi anni, c’è il contributo giapponese anche per la parte riguardante i telai. Non dimentichiamo che il Wtcc è stato, nel 2012, il primo programma che la Honda ha avviato dopo la chiusura, dovuta alla crisi, di tutte le attività sportive, compresa la Formula 1: c’è voluto, quindi, un po’ di tempo prima che le strutture di Sakura tornassero a “ripopolarsi” e a funzionare a pieno regime. La cosa più difficile resta sempre coniugare due approcci totalmente differenti, ma combinando due culture diverse si possono ottenere ottimi risultati.
Quali sono i punti di forza della Civic?
La forma a due volumi ci svantaggia dal punto di vista aerodinamico; però la macchina ha un ottimo handling, è facile da guidare, ha una ripartizione dei pesi migliore di quella delle concorrenti e un motore che, quest’anno, ha ricevuto un grosso step evolutivo, anche in accelerazione, che era uno dei suoi punti deboli.
Tornare a correre a Monza ha richiesto degli adattamenti particolari per le vetture? Per esempio, una riduzione del carico aerodinamico per avere più velocità sui lunghi rettilinei?
A Monza, il problema è sempre trovare il giusto equilibrio tra carico e resistenza all’avanzamento, come accade per le Formula 1, e le vetture del Wtcc sono sensibili a questo genere di variazioni, anche perché quest’anno le nostre ali lavorano meglio, quindi la differenza tra alto e basso carico è più marcata. Servono anche geometrie particolari delle sospensioni, per evitare problemi alle gomme, sollecitate dai lunghi tratti ad alta velocità; non si può avere troppo camber, per non consumare eccessivamente l’interno del battistrada. Poi, a fare la differenza, spesso è il pilota, se riesce a trovare la scia giusta nel “giro buono”, soprattutto nelle qualifiche…
Secondo lei, il Wtcc va bene così com’è o avrebbe bisogno di correttivi per migliorarlo? Si sente la concorrenza del Tcr?
L’arrivo della Citroën ha alzato moltissimo, negli anni scorsi, il livello del Wtcc; quelle del Tcr sono auto molto più simili alle vetture di serie. Come Jas, vi prendiamo parte, con l’autorizzazione della Honda, con un programma interamente nostro: lo scorso anno, su 6-7 campionati nazionali, ne abbiamo vinti 5, ottenendo grandi soddisfazioni. Svilupperemo la prossima vettura del Tcr sulla base della nuova Honda Civic Type R. I budget necessari sono molto più bassi: una Civic Wtcc completa costa quattro volte e mezzo rispetto al telaio, privo di motore, di una vettura del Tcr. E le prestazioni, agli occhi dello spettatore, non sono poi così diverse. Quindi, le auto del Tcr vanno benissimo per i campionati nazionali, perché la fine del Superturismo aveva creato un “buco” tra le categorie impossibile da riempire, per motivi di costi, con le macchine del Wtcc. Che ha un regolamento magnifico, ma non attira tanti costruttori: forse, il vero problema delle corse è l’eccessiva proliferazione delle categorie.
Emilio Deleidi
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