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Bentley
Crewe "assolda" un milione di api: è la via giusta per la sostenibilità?

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Domanda: qual è il più grande gruppo automobilistico per numero di ooccupati? Si dirà ovviamente Volkswagen (che totalizza 700 mila addetti), o magari Byd (570 mila) o Stellantis (270 mila). E invece no, è Bentley. Dipende infatti da cosa si intende per "impiegati". Il marchio di lusso di Vw infatti ha appena aggiunto 400 mila api alla sua forza lavoro, arrivando a un totale di un milione di imenotteri gialloneri.

Belle e buone. Fin dal 2019, il quartier generale della Casa a Crewe, paesino nella campagna inglese a un’ora da Manchester, ha iniziato a ospitare delle api con uno scopo ben preciso: rendere la produzione delle auto più sostenibile. Gli insetti sono parte integrante del Beyond100 di Bentley, la strategia che prevede di rendere il marchio carbon neutral entro il 2030 e, successivamente, carbon positive. Lo scopo è diventare uno dei marchi del lusso più sostenibili sul mercato. Oltre a produrre il miele (ne parleremo più avanti), le 17 arnie aiutano a impollinare la flora nella campagna intorno alla fabbrica innescando un circolo virtuoso che permette non solo al verde di prosperare, ma rende anche l’ambiente più bello, con un impatto positivo sul benessere mentale dei dipendenti (che sono 4.000).

Miele esclusivo. Ma si diceva del miele. Nell’ultima raccolta annuale, la quinta nella storia del marchio, quell’esercito svolazzante ha permesso all’Excellence Centre for Honey Production di raccogliere 500 vasetti del pregiato Black Edition Label, che è prodotto dai due alveari più vecchi della struttura di Pyms Lane, e mille di miele "normale" (come dice Bentley). Ma per quanto normale, avere uno di questi vasetti (ovviamente di design e frutto del centro stile del marchio, proprio come l’etichetta) non è facile. Bentley non li vende e li cede solo ai clienti, in occasione di eventi aziendali o benefici.

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Anche Rolls-Royce. Va detto che Crewe non è la sola a investire nelle api. Anche Rolls-Royce ha dalla sua 300 mila api che dal 2017 ronzano intorno al quartier generale di Goodwood e riposano (anzi, lavorano) in splendide arnie lignee che ricalcano lo stile del marchio, più altre 60 mila nell’apiario aperto nel 2021 a Dubai.

Perché le api? La scelta delle due aziende fa parte di un movimento globale molto più ampio che da almeno un decennio vede impegnati, oltre alle imprese (che spesso ricevono incentivi), anche singoli Stati, enti sovranazionali (come l’Ue), musei, privati cittadini. Questo insetto, dopotutto, è fondamentale per il nostro pianeta. Le api domestiche e selvatiche sono responsabili di circa il 70% dell'impollinazione di tutte le specie vegetali viventi sul pianeta e garantiscono circa il 35% della produzione globale di cibo (Dati Ispra). Il problema, però, è che non se la passano bene. Come sottolineato dall’Unione Europea, il 20,4% delle specie di api selvatiche minacciate di estinzione sono endemiche del Vecchio Continente. Pensare a un mondo senza di loro è impossibile e così le si aiuta ma, spesso, si esagera.

Anche meno. Intervenire sul mondo naturale non è facile. Il calo verticale delle api dovuto a pesticidi, cambiamenti climatici, perdita di habitat e parassiti, ha portato a questo movimento globale che rischia di superare il limite. Stando ai dati della Fao, il numero di alveari nel mondo è cresciuto del 26% negli ultimi dieci anni, passando da 81 milioni a 102 milioni. Tanti conservazionisti notano che sul pianeta non ci sono mai state tante api da miele come oggi. Il punto è quello, "da miele". Le api sono senza dubbio gli impollinatori numero uno ma si contano oltre 350.000 specie che impollinano. Aumentare a dismisura il numero delle prime comporta una perdita delle seconde con un conseguente calo nella biodiversità. In più oggi tendiamo a considerare a rischio (e a salvare) solo le api da miele, che sono solo una piccola porzione delle oltre 20 mila specie di api che troviamo nel mondo. Per questo sempre più conservazionisti chiedono di rallentare un po’ (o perfino di fermare) l’installazione di nuovi alveari, almeno finché non avremo trovato il modo di offrire più piante da impollinare a tutti. Il rischio, come sta sperimentando la Slovenia, è di trovarsi con così tante api, e così poche piante, da dover alimentare gli alveari artificialmente.

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