Il settore automobilistico continua ad affrontare un contesto operativo difficile. Dalla Germania, per esempio, arrivano notizie negative: la Continental ha deciso di contabilizzare oneri straordinarie per 2,4 miliardi di euro per la ristrutturazione avviata in previsione di una domanda automobilistica sfavorevole per i prossimi 5 anni, la Bosch si appresta a tagliare 1.600 posti di lavoro tra Feuerbach e Schwierberdingen e la Mahle ha annunciato ieri la chiusura di due fabbriche in Piemonte e il licenziamento di 450 dipendenti. Tuttavia, dalle prime trimestrali di alcuni grandi costruttori emergono anche segnali positivi sulla capacità delle aziende di resistere ai continui shock tecnologici e geopolitici, alle crescenti pressioni normative e all’indebolimento della domanda di mercato.
Mercedes: incidono gli investimenti per i nuovi modelli. La Daimler, per esempio, è riuscita a chiudere il terzo trimestre con ricavi in salita dell'8% a 43,27 miliardi, grazie a consegne in aumento del 6%, e con un utile netto in crescita da 1,76 miliardi a 1,81 miliardi. Anche l'utile operativo è migliorato dell'8% arrivando a 2,69 miliardi, ma solo grazie alla forte crescita dei furgoni. La Mercedes-Benz, a fronte di consegne e ricavi in ascesa, rispettivamente, dell'8% e del 9%, ha registrato 1,42 miliardi di profitti operativi, appena il 4% in più rispetto all'anno scorso, e quindi ha visto il margine scendere dal 6,3% al 6%. A pesare sono le spese per la ricerca e sviluppo e gli investimenti per nuovi prodotti: nei primi nove mesi dell'anno la Casa di Stoccarda ha bruciato cassa per 500 milioni di euro per sostenere il capitale circolante netto e le esigenze legate all'offensiva di prodotto, in particolare elettrica. Il gruppo tedesco, protagonista negli ultimi mesi di ben due allarmi sugli utili, anche per le conseguenze di indagini e multe, ha comunque confermato le prospettive per il 2019: le vendite e i ricavi sono visti di poco superiori al 2018, mentre l'utile operativo dovrebbe essere "significativamente inferiore" malgrado gli sforzi per il contenimento dei costi. "Per dominare la trasformazione dei prossimi anni dobbiamo aumentare considerevolmente i nostri sforzi. Dobbiamo ridurre significativamente i nostri costi e rafforzare costantemente il nostro flusso di cassa", ha affermato l'ad Ola Kallenius.
La Volvo beneficia del taglio dei costi. Di taglio dei costi si parla anche alla Volvo per quanto i benefici siano già tangibili. La Casa svedese, che a luglio ha avviato misure per ridurre le spese per due miliardi di corone (circa 200 milioni di euro), ha visto l'utile netto balzare del 108,8% e l'utile operativo del 90% fino a 3,49 miliardi (330 milioni di euro), per un margine passato dal 3,2% al 5,4%. Le consegne e i ricavi sono inoltre saliti, rispettivamente, del 7,7% e del 14,2% grazie alla forte domanda per le Suv. Il successo dei modelli a ruote alte, unito alle efficienze sul fronte dei costi e alla riduzione delle spese dopo un intenso periodo di investimenti su tecnologie ed espansione geografica, ha dunque spinto le performance della Volvo e consentito al management di confermare le previsioni di continua crescita. Tuttavia, non mancano le preoccupazioni per il futuro: è previsto che le condizioni di mercato continuino a esercitare pressioni sui margini.
La Ford paga la ristrutturazione. Gli oneri straordinari hanno invece prodotto effetti negativi sui conti della Ford. L'Ovale blu ha visto i ricavi calare di solo del 2%, a quota 37 miliardi, e l'utile operativo salire dell'8%, a 1,8 miliardi (in Nord America è migliorato del 2,7%) grazie al decisivo contributo dei servizi finanziari. Ma la Casa americana ha dovuto spesare oneri una-tantum per un miliardo legati al piano di ristrutturazione globale e alla recente costituzione di una joint venture in India con la Mahindra. Per questo i profitti sono scesi del 57% a 425 milioni. Non solo, i vertici hanno anche annunciato un taglio delle previsioni annuali per tener conto della debolezza della domanda in Cina e di un aumento delle campagne promozionali e delle garanzie per spingere le vendite soprattutto della Suv Edge e dei pick-up Ranger e F-150: l'utile operativo, nel 2018 pari a sette miliardi, dovrebbe dunque attestarsi tra 6,5 e sette miliardi di dollari e non più tra sette e 7,5 miliardi.
Anche la Hyundai paga oneri una-tantum. La Cina, insieme all'India e alla Corea, ha penalizzato anche la maggior Casa coreana. La Hyundai, nonostante ricavi in crescita del 10,4%, grazie a Europa e Usa, e profitti in salita del 50,5%, ha visto l'utile operativo scendere del 31% a 378,5 miliardi di won (290 milioni di euro). A pesare è anche la decisione di accantonare 600 miliardi per cause legali negli Stati Uniti collegate a presunti problemi di qualità riscontrati in alcuni propulsori. La consociata Kia è stata capace di mettere a segno una crescita dei ricavi del 7,2% e dei profitti del 9,4% e di più che raddoppiare l'utile operativo. Gli effetti negativi dei 300 miliardi di won di accantonamenti, in questo caso, sono stati del tutto annullati dal successo della Suv Telluride commercializzata solo sui mercati nordamericani.
PSA tiene con le Suv. Anche il gruppo PSA ha beneficiato dell'aumento della domanda per le Suv. Il costruttore transalpino, proprietario dei marchi Peugeot, Citroën, Opel e DS, ha per ora comunicato solo l'andamento dei ricavi, saliti da 15,43 miliardi a 15,58 miliardi di euro. Le consegne sono scese del 4% per effetto del crollo del 40% subito in Cina e Sud-est asiatico, della flessione del 2,7% in Europa e del 7,2% in America Latina. Tuttavia, PSA ha annullato l'andamento negativo delle vendite con il miglior mix di prezzo determinato dall'aumento delle consegne di veicoli a ruote alte.
COMMENTI([NUM]) NESSUN COMMENTO
Per eventuali chiarimenti la preghiamo di contattarci all'indirizzo web@edidomus.it