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Industria e Finanza

Brembo
Si guarda alla ripartenza, tra donazioni e buone notizie dalla Cina

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Vuoto è il lungo Kilometro Rosso che, anche alle sostenute velocità autostradali, fa sempre voltare la testa a chi percorre l'A4. Deserta è pure la strada che porta al vicino Innovation district di Stezzano, quartier generale della Brembo. Su queste terre l’epidemia di coronavirus è stata uno tsunami e la situazione continua a consigliare all’azienda, leader mondiale della tecnologia degli impianti frenanti a disco, di mantenere ben saldo il piede sul pedale: "A seguito del protrarsi dell’oggettiva situazione di emergenza in Lombardia e dei provvedimenti straordinari assunti dal governo nazionale, fino al 13 aprile Brembo estenderà la sospensione temporanea delle attività nei propri siti di Stezzano, Curno, Mapello e Sellero".

Ricominciare. Intanto, però, arrivano incoraggianti segnali di ripresa: da un paio di settimane, sulle linee di produzione per pinze freno di alluminio del polo inaugurato un anno fa a Nanchino, sono tornate al lavoro le maestranze. A 6.000 km da Wuhan, focolaio mondiale di un disastro inimmaginabile, in un’area di circa 40.000 metri quadrati la bergamasca Brembo ricomincia così a ricevere e a trattare le materie prime, sino a spedire ai clienti i prodotti finiti. Garantendo, a sua volta, il rilancio delle fabbriche dei carmaker europei, asiatici e americani che operano in Asia. Lo stabilimento, che contribuisce al fatturato del gruppo per circa 100 milioni di euro l’anno, impiega più di 450 persone. Con fonderia e 67 linee, offre una capacità produttiva di oltre 2 milioni di pezzi l’anno.​ Le attività sono riprese a buon ritmo anche nell’altro sito cinese, quello di Langfang, dove gli addetti sono più di 600. Proprio la presenza globale del gruppo, che opera in 15 Paesi con 25 stabilimenti e punti commerciali, la diversificazione dei prodotti e dei segmenti di mercato, hanno parzialmente mitigato i devastanti effetti del Covid su produzioni e fatturati. Data l’eccezionalità della pandemia, capire quando riprenderanno le attività in Italia è difficile. Come ardua è la stima dei riflessi economico-finanziari del lockdown, almeno prima della scadenza del secondo trimestre 2020.

Si guarda alla ripartenza, tra donazioni e buone notizie dalla Cina

Puntare sempre sulla ricerca. Ribadita la volontà di "riprendere le attività non appena le condizioni lo renderanno possibile", pochi giorni fa la Brembo di Alberto Bombassei ha persino unito il suo marchio a quello della Pirelli, acquisendo il 2,43 % nella società guidata da Marco Tronchetti Provera. Un’unione suggestiva quanto strategica, visti gli interessi e le produzioni consolidate in Cina dei due brand, fra i migliori dell’automotive made in Italy. Nonostante le quotazioni a sconto, i mercati hanno parlato di un’azione rafforzativa e di lungo periodo, essendo stata realizzata attraverso la cassaforte di famiglia di Bombassei, la Nuova FourB, che detiene anche il 53% della quota di controllo della Brembo. Sempre per ammortizzare il difficile periodo, da qualche settimana il consiglio di amministrazione ha deciso di sospendere la distribuzione dei dividendi sugli utili 2019. Non solo: sul sofferente territorio, l’azienda ha versato 1 milione di euro diviso fra tre eccellenze scientifiche della bergamasca, l’ospedale Papa Giovanni XXIII, la Fondazione per la ricerca ospedale di Bergamo e l’Istituto Negri, combinando così la ricerca clinica con quella farmacologica. Al Papa Giovanni queste realtà stanno già operando congiuntamente a tre linee di ricerca per una terapia efficace contro il virus, che prendono spunto da evidenze confermate da noti studi clinici: "Dopo una prima donazione, orientata anche a sostenere reparti di cura dell’ospedale di Bergamo, abbiamo deciso di concentrare i nostri sforzi sulla ricerca per trovare in tempi ragionevolmente rapidi una terapia farmacologica vincente", ha dichiarato il presidente della Brembo, Alberto Bombassei. "La ricerca è il nostro modo di fare impresa e, quindi, crediamo che sia l’unica strada percorribile".  

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