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Industria e Finanza

Borgward
Il rilancio è finito: presentata l'istanza di bancarotta

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Se qualcuno pensa che per produrre auto bastino un grande marchio, magari decaduto, e capitali cinesi, è meglio che si ricreda. Basti l'esempio della Borgward e del tentativo di rilanciare un brand diventato emblema della rinascita automobilistica tedesca nel secondo dopoguerra al pari della Volkswagen, della Mercedes o della Porsche: la Beijing Borgward, stando a quanto comunicato da uno degli azionisti cinesi, la Foton del gruppo Baic, ha infatti depositato l’istanza di bancarotta presso un tribunale di Pechino a causa delle pesanti perdite e delle difficoltà nel ripagare i debiti.

Rinascita di breve durata. Il fallimento non dove sorprendere: già nel giugno del 2021 l’azienda, controllata dalla Shenzhou Youche (Xiamen) Information Technology con oltre il 75% del capitale (la restante quota è in mano alla Foton), aveva indicato come possibile la bancarotta a causa del forte indebitamento, mentre lo scorso ottobre un tribunale cinese aveva accolto la richiesta di alcuni creditori di ottenere il rimborso di prestiti tramite la cessione di asset e altri cespiti aziendali. In ogni caso, il progetto di rilancio della Borgward era sin da subito apparso velleitario: è il 2015 quando Christian Borgward, nipote del fondatore Carl Friedrich Wilhelm, annuncia a Ginevra il ritorno sulle scene del brand tedesco grazie ai capitali raccolti in Cina dalla sua creatura fondata nel 2008 in Svizzera. Viene presentato un piano di rilancio che affonda le sue radici nella storia del marchio, creato nel 1919 e operativo fino alla prima bancarotta del 1961.

Tanti modelli, poche vendite. Le intenzioni inziali prevedevano il lancio di cinque modelli per lo più a ruote alte: alla Suv BX7 svelata al Salone di Francoforte di sette anni fa sono seguite la BX3, la BX5, la BX6 e, soprattutto, la concept Isabella, riedizione in chiave elettrica del modello di maggior successo della prima fase di vita del marchio tedesco. Inizialmente, le performance commerciali sono state incoraggianti, con vendite in Cina (unico mercato di sbocco) superiori alle 30 mila unità tra il 2016 e il 2019, quando è stato raggiunto il picco massimo di oltre 45 mila unità. Poi, è arrivato il coronavirus e il colpo è stato mortale, con vendite crollate a più di 3.500 nel 2021. Così è finito il sogno di Christian Borgward: ora, il marchio tedesco tornerà probabilmente nel dimenticatoio, a dimostrazione di come nell’auto non sia per nulla facile trasformare i buoni propositi in solide realtà. Sempre che non si palesi qualche investitore attratto da una storia forse gloriosa, ma finora non certo fortunata.

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