La Commissione europea accende un faro sull’Italia in materia di revisione auto: si tratta di un progetto pilota, che precede un’eventuale procedura d’infrazione. L’inchiesta mira ad accertare se gli ispettori di revisione siano del tutto autonomi dai centri di controllo tecnico periodico dei veicoli leggeri (e a verificare se la selezione di tali ispettori avvenga seguendo criteri corretti). Il dubbio sorge da percentuali anomale, evidenziate da una petizione di Diego Brambilla, rappresentante nazionale del sindacato FederIspettori: nel nostro Paese, il 99,8% dei mezzi leggeri controllati da imprese private (centri collaudo) viene infatti promosso alla revisione periodica obbligatoria. Una percentuale troppo alta rispetto ad altre nazioni, dove si viaggia attorno al 70%. Il sospetto è che gli ispettori, in quanto dipendenti dei centri controllo (o titolari degli stessi), siano di manica larga, dando disco verde anche a veicoli da bocciare, pericolosi per la sicurezza stradale e l'ambiente. Situazione diversa per le revisioni dei mezzi pesanti: in questo caso, gli ispettori devono essere indipendenti.
Gli scenari. La Commissione ha chiesto alle autorità italiane di spiegare come queste garantiscano l’indipendenza degli ispettori, e perché esista un regime diverso per i veicoli pesanti (saranno utili le statistiche complete sui tassi di promozione alle verifiche). L’Italia ha dieci settimane per replicare: se non lo farà, o se la risposta non verrà ritenuta soddisfacente, allora potrebbe prendere avvio una procedura d’infrazione.
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