Volendola sintetizzare in un tweet, o se preferite in un titolo, è la Toyota che non c’era. Suona tremendamente retorico, me ne rendo conto, ma le cose stanno proprio così: prima di questa Yaris Cross, di B-Suv la Casa giapponese non aveva mai nemmeno parlato, figuriamoci farle. E basta questa circostanza a renderla – ci sbilanciamo? Ci sbilanciamo – il lancio più importante per il marchio nel raggio di anni luce.
Sarà la best-seller. Sì, qualcuno obietterà che nel 2022 arriva la Suv elettrica derivata dalla bZ4x, ma quella sarà un’ammiraglia tecnologica, un simbolo dell’adesione alla causa delle zero emissioni, certo non una reginetta dei porte aperte di mezz’Italia. Ok, qualcun altro sosterrà che c’è già la Yaris normale a ricoprire il ruolo di modello più rappresentativo della gamma. Ma il punto è proprio questo: siamo pronti a scommettere che questa Cross non farà fatica a superarla nelle preferenze del pubblico. E a rubarle il titolo di Toyota più venduta in Europa, già dall’anno prossimo.
Chi è la Yaris Cross. Ma è fatta così la Yaris Cross, lo capisci subito guardandola negli occhi: è la classica auto della porta accanto che ha la fortuna sfacciata di quelle che si presentano al posto giusto – ma non certo al momento giusto, anzi, con un ritardo abbastanza imperdonabile – risultando comunque simpatica a tutti. Le viene naturale. Carina, con quell’aria da RAV4 però più snella, ammicca di qua e di là, al pubblico femminile e a quello maschile, alle coppie e ai single, alla città e alla campagna, urbi et orbi, certa di non sbagliare una mossa.
“Right-sized”. È furbetta, pure: mentre la concorrenza, in molti casi giunta alla seconda generazione, arriva a quella sindrome dell'"oddio devo mettere su centimetri e contenuti perché sono diventata una macchina più matura”, la Yaris Cross fa un undercut inaspettato e si infila in quella fascia tra i 4,1 e i 4,2 metri che, seppur saldamente presidiata (Volkswagen T-Cross, Opel Mokka, Ford Puma), non è più ultra-affollata come pochi anni fa: le best-seller francesi, 2008 e Captur, sono i due esempi per eccellenza delle "lievitate" di cui sopra.
Pecche e peccati. È chiaro che questo suo giovanilismo, questa sua freschezza, si traduce anche in sbavature da primo album: adesso non starò qui a dilungarmi perché sennò la prova su strada in super-anteprima con tutti i rilevamenti strumentali che l’abbiamo fatta a fare? Ma mi preme lo stesso sottolineare che, in questa mia presa di contatto tra Bruxelles e dolci collinuzze circostanti, non ho potuto fare a meno di notare certe plastiche che denunciavano chiaramente l’attenzione ai costi sottesa da determinate scelte. Va bene, siamo nel segmento B. Ma ciò non toglie che nella mia personale classifica delle “meglio rifinite” nella categoria non metterò certo lei sul podio.
Ibrido: bene. Adas: molto bene. Consumi: benissimo. Prima di lasciarvi alla prova su strada nella sezione in abbonamento Q Premium con tutti i numeri, i giudizi e i crismi dell’ufficialità, condivido con voi gli ultimi empirici appunti abbozzati sul mio taccuino belga: l’infotainment ha un’interfaccia semplice e intuitiva (tanto che vi dirò, si sarebbe pure meritato uno schermo più grandicello di quello da 9”); da un punto di vista prestazionale il nuovo ibrido da 116 CV fa quello che può, ma in fondo anche quello che deve (e soprattutto ha un funzionamento più elettrico e più omogeneo che in passato); gli Adas vanno molto bene (esemplari in particolare il Lane centering e lo Stop & go, dolce e graduale nel raggiungere l’arresto al semaforo, anche da andature sostenute); semplicemente imbattibili i consumi. Guidando senza perversioni mentali da economy run, il computer di bordo ha segnato 4,6 l/100 km con la trazione anteriore e 4,7 con l’integrale. Cioè, parliamone.
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