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Bolide [MAN]
Ayrton Senna, “Mister turbo”

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“Signore del turbo”, Senna, si dimostrò da subito. Il suo, si sa, fu talento cristallino, leggenda. Che trovò forma e sostanza nei primi anni 80 della turboera della F.1. Un’epoca popolata di monoposto con motori “piccoli” ma brutali, esagerazioni dell’ingegneria che rendevano le monoposto di quei tempi difficili da guidare; oltre che parecchio diverse nella gestione tra qualifica e gara. Bestie brutte, insomma, che Ayrton Senna si trovò a domare dall’esordio, nel 1984 con la Toleman: entrò subito in simbiosi con loro, fino all’idillio raggiunto, qualche anno dopo, con la McLaren. Giocando con tempi e ricordi, oggi possiamo ricordare Ayrton Senna non solo come Mago della pioggia, ma pure come Signore del turbo.

La danza della pioggia. Memorabile resta il suo primo G.P. di Monaco (1984), in cui il pilota brasiliano, alla prima assoluta sotto la pioggia nella massima formula, mostrò a tutti di che pasta era fatto, rimontando a tre secondi al giro e mancando la vittoria di poco, solo a causa dell’interruzione della corsa, quando ormai stava per superare il leader, Alain Prost. 

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Mondiale al primo...top team. Ma la prova provata arrivò nella stagione 1988, quando Ayrton ebbe la prima, vera chance di guidare una vettura al top: la McLaren-Honda MP4/4, una monoposto molto bassa e aerodinamica, dotata di un passo di 2,88 metri e mossa da un potente 1.5 V6 Honda sovralimentato. Con questa vettura, Senna e il fortissimo compagno di squadra Alain Prost, vinsero addirittura 15 delle 16 gare in calendario.

Rimonta decisiva. Il campionato 1988 si rivelò un saliscendi di emozioni per Ayrton: la partenza non fu delle più facili, poi arrivarono i trionfi estivi. Ma non era tutto rose e fiori. Si passò dai pochissimi errori (come quello di Monaco, in cui Ayrton dovette ritirarsi mentre era in testa dopo una toccata al guard-rail), al ritiro di Monza, in cui il brasiliano uscì di scena a causa della collisione avuta nel finale con Jean-Louis Schlesser (Williams). I successi furono ben otto, conquistati sui circuiti più diversi, a dimostrazione della versatilità del pilota e dell’adattabilità della monoposto. Tra i vari trionfi, quello più importante arrivò in Giappone, a Suzuka, dove Senna alla vigilia appariva molto sotto pressione. Doveva vincere e, alla partenza della gara più importante della sua carriera, Ayrton fece spegnere il motore due volte: riuscì comunque a ripartire, grazie al rettilineo in discesa, ma dovette ricostruire tutta la sua gara. Si esibì in una grande rimonta, poi, quando vide Prost, là davanti a sé, sopraggiunsero problemi di consumo. Ayrton decise di non guardare più le segnalazioni dei box, si fece sotto e superò il compagno di squadra sul rettilineo principale. I consumi erano critici, ma una serie di scrosci di pioggia rallentarono il ritmo nel finale e misero le cose a posto sul fronte benzina. Arrivò così, in un modo non facile neppure per Ayrton, il primo titolo mondiale, così agognato dal brasiliano sin da ragazzo. Una liberazione, anche per “Mister turbo”.  

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