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Fisco e auto
Paese che vai, tasse che trovi

Paese che vai, tasse che trovi

Quanto pagano di tasse gli automobilisti europei? E in base a quali criteri? La risposta viene da uno studio in materia condotta dall’Acea, l’associazione dei costruttori del Vecchio Continente, sotto l’egida dell’Unione Europea. Il totale, tutto incluso, è impressionante: 396 miliardi di euro. La cifra tiene conto dell’Iva sui veicoli a motore, sui ricambi, le gomme e la manutenzione, delle accise su carburanti e lubrificanti, delle tasse di vendita e d’immatricolazione, di quelle sul possesso, sulle patenti, sulle assicurazioni, sui pedaggi e di eventuali dazi doganali. Le cifre assolute non dicono tutto, perché andrebbero rapportate al parco circolante, ma i valori in gioco sono comunque elevatissimi: per l’Italia si parla di oltre 70 miliardi di euro, per la Francia di 69,5, per la Gran Bretagna di 64,8, per la Germania di 80, per la Spagna di 24,4. Per le voci più importanti, è stata fatta un’analisi puntuale, della quale qui vi diamo conto.

Le tasse sull’acquisto. Parliamo, in prima battuta, dell’Iva, compresa nel prezzo chiavi in mano dell’auto nuova. Le aliquote applicate dai Paesi Ue si collocano in una “forchetta” che va da un minimo del 17%, previsto solo in Lussemburgo e a Malta, a un massimo del 27%, che grava sugli acquirenti ungheresi; alta è anche l’imposizione in Danimarca, Svezia e Croazia (25%), oltre che in Finlandia e Romania (24%). In Italia, com’è noto, l’Iva applicata alle auto attualmente è fissata nel 22% (si spera vengano scongiurati futuri e ulteriori aumenti). La media, nei 28 Paesi dell’Unione europea, è del 21,5%. Tra i Paesi caratterizzati da una forte produzioni di autoveicoli, la Germania applica un modesto 19%, la Francia e il Regno Unito il 20%, la Spagna il 21%: in questo confronto, quindi, l’aliquota italiana è la più alta.

Le tasse sull’immatricolazione. Oltre all’Iva, al momento dell’immatricolazione in molti Paesi è richiesto il pagamento di tasse ulteriori: in Italia, com’è noto, è necessario versare l’Ipt, imposta provinciale di trascrizione, che varia in base alla potenza in kW della vettura e al luogo di registrazione. Fanno eccezione Bulgaria, Repubblica Ceca, Germania, Estonia, Lussemburgo, Svezia e Regno Unito, che non prevedono balzelli supplementari. Quanto ai criteri adottati per questo genere d’imposizione, in molti Stati tengono conto, più che della potenza, delle emissioni di anidride carbonica: significa che vengono penalizzati i motori dai consumi più alti. Qualcuno, infine, si basa, in una formula mista, oltre che sulle emissioni anche sulla cilindrata dei propulsori (avviene in Belgio, Grecia, Polonia, Portogallo e Romania).

Paese che vai, tasse che trovi

Le tasse sul possesso. Una volta in Italia lo chiamavamo bollo e lo pagavamo solo se il veicolo circolava; poi è stato trasformato in una tassa dovuta per il semplice possesso del veicolo, indipendentemente dal fatto che lo si usasse per strada o restasse fermo nel garage di casa. Di fatto, oggi, in tutti i 28 Paesi dell’Ue i contribuenti sono chiamati  versare un obolo fiscale per il semplice motivo di essere proprietari di un autoveicolo, sia esso un’auto o un veicolo commerciale. A cambiare, tra Stato e Stato, sono i criteri in base ai quali ne viene stabilito l’importo. In Italia, la tassa di possesso si basa sulla potenza espressa in kiloWatt; per le auto che superano una certa soglia (185 kW, pari a 250 CV) è prevista una sovrattassa, il cui ricavato va all’amministrazione centrale dello Stato (a differenza dell’importo base, destinato alle Regioni). Molti Paesi, oggi, basano questa fiscalità sulle emissioni di CO2; altre utilizzano la potenza o tengono conto anche della massa. Poche gli Stati che fanno eccezione e non prevedono alcuna imposizione, almeno per le auto: si tratta di Repubblica Ceca, Estonia, Francia, Lituania, Polonia e Slovacchia.

Paese che vai, tasse che trovi

I carburanti. Una delle entrate tributarie più cospicue per gli Stati europei, Italia in testa, è costituita dalle accise sui prodotti petroliferi, in particolare i carburanti per autotrazione. In questo caso, il dato di riferimento è espresso in euro per 1.000 litri di benzina o di gasolio; l’Ue stabilisce un valore minimo, ampiamente superato dagli Stati membri che vedono in questa soluzione un modo certo per assicurarsi un gettito fiscale consistente (l’evasione, pur esistente, è più difficile, perché richiede l’organizzazione di truffe complesse). Il valore minimo europeo è di 359 euro per 1.000 litri di benzina e di 330 per altrettanti di gasolio. Per quanto riguarda la “verde”, l’imposizione più alta non si registra in Italia, come si sarebbe portati a credere, ma nei Paesi Bassi, con 766 euro/1.000 litri; noi, però, seguiamo a ruota con 728 euro. Valori elevati si registrano anche in Germania e Grecia (670 euro), Finlandia (681), Francia (624), Svezia (646) e nel Regno Unito (674). I più fortunati, da questo punto di vista, sono invece gli automobilisti bulgari (363 euro/1.000 litri), ungheresi (397) e Polacchi (399). L’imposizione sul gasolio è, in genere, più bassa: un fatto logico perché impatta anche sul trasporto delle merci, quindi sui prezzi al consumo dei beni. Il record negativo spetta al regno unito, con 674 euro per 1.000 litri di gasolio, ma anche in Italia siamo malmessi con 617 euro ogni migliaio di litri; tra gli altri Paesi, solo la Svezia supera i 600 euro. Imposizione minima, invece, in Bulgaria, Grecia, Lituania (330 euro), Spagna (331), Lettonia (333) e Lussemburgo (338).

Emilio Deleidi

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