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Diario di bordo

Subaru
Una settimana con la BRZ

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La protagonista del Diario di Bordo della settimana è la Subaru BRZ. Lunga 4 metri e 24 cm, larga 1,78, alta 1,29 e con un passo di 2 metri e 57, ha un peso di 1.338 kg e monta pneumatici da 215/45 su cerchi da 17". Sotto al cofano c'è un quattro cilindri a benzina di 2.0 litri da 200 CV a 7.000 giri e 205 Nm di coppia massima a 6.400 giri, abbinato a un cambio manuale a sei marce e alla trazione posteriore. La Casa dichiara una velocità massima di 226 km/h e un'accelerazione 0-100 km/h in 7,6 secondi. Sul nostro mercato la sportiva delle Pleiadi è in vendita con un'unica motorizzazione e un solo allestimento al prezzo di 32.390 euro.

Day 1. Si prova spesso ad accostare un'auto sportiva all'utilizzo quotidiano, anche perché, per quanto patiti di track day, è molto probabile che ci non si limiti al tragitto casa-circuito-casa. E questa Subaru BRZ può essere senz'altro annoverata fra le più versatili della categoria. Certo, salire a bordo comporta qualche piccolo sacrificio, e dietro c'è davvero pochissimo spazio per sedersi sul divanetto, che sarebbe meglio considerare un'appendice del bagagliaio da 283 litri, più che un'ulteriore seduta per il trasporto di passeggeri. Ciò detto, mi è davvero piaciuta questa BRZ. I sedili sportivi sono ben imbottiti, chi siede davanti sta così comodo che a volte viene persino voglia di cercare il bracciolo centrale e l'assetto è sorprendente: per quanto rigido, non patisce più di tanto buche e pavé. Il motore poi, la cui voce è sempre presente nell'abitacolo, ma mai in maniera fastidiosa, si dimostra capace di assecondare con una buona elasticità la guida cittadina in souplesse. Quando poi si decide di darci dentro con il gas, magari non è un fulmine ai bassi regimi, però, superati i 4 mila giri, spinge che un piacere fino al limitatore. Il cambio ha un leveraggio cortissimo, anche se è un po' contrastato negli innesti, il volante è diretto e dal giusto carico e in frenata il pedale si dimostra molto progressivo e ben modulabile. Terminato il giro, mi appresto a parcheggiarla in box. Scopro che la BRZ è più lunga di quello che sembra (4,24 m). E considerando il fatto che, soprattutto dietro, si fa un po' fatica a percepire gli ingombri, due semplici sensori di parcheggio potevano anche aggiungerli... Ma giusto per mettere la ciliegina sulla torta. Alessandro Carcano, redazione online

Day 2. Niente track day o “guidata” cattivella: mi sono messo invece al volante della Subaru BRZ per andare a sciare. Caricando tutto nell’abitacolo. Sì, è bastato reclinare lo schienale posteriore, per alloggiare comodamente pure le sacche portasci (lunghe oltre un metro e 70). Facendo avanzare spazio e senza neppure sfiorare la zona utile a manovrare la leva del cambio. Insomma, non è detto che con la BRZ si debba rinunciare a granché. In autostrada ho apprezzato il sedile sportivo, contenitivo grazie alla forma a guscio, e comodo sulle medie distanze. Si capisce, il silenzio non regna del tutto sovrano nell’abitacolo e non dev’essere così: il motore un po’ si sente a 130 in sesta a 3.500 giri; ma più avvertibile è il sottofondo di rotolamento, dovuto alla gommatura invernale. Nel complesso si viaggia meglio del previsto, anche per via dei ridotti fruscii aerodinamici. La rapportatura corta e ravvicinata del cambio manuale permette poi di riprendere velocità senza grandi problemi. E di divertirsi, quando arrivano le curve: gli innesti sono un po’ contrastati, è vero, ma la manovrabilità resta buona. Inoltre, la pedaliera pare ben “attrezzata” per il punta-tacco. Il due litri aspirato - alla faccia del downsizing e della sovralimentazione imperante - è elastico e risponde a tono, anche ai bassi regimi. Me ne rendo conto nei tornanti, che si possono fare in terza. Non bisogna attendersi il “tutto subito”, ma quella sensazione old style di attesa verso il meglio che sta arrivando, quanto più si sale di giri. Dopo i 5.000, tonalità e temperamento cambiano, e comincia il bello. La progressione è buona fino ai 7.000 e oltre, quando sul quadro si accende la spia rossa: a quel punto i giochi sono fatti, conviene cambiare. Con la gommatura M+S siamo in regola. Non bisogna pensare, però, di poter fare tutto e il contrario di tutto. Quando, per esempio, si va a ridare gas in anticipo in curva, il retrotreno allarga: bisogna correggere, poi intervengono i controlli elettronici. Andrea Stassano, redazione Prove su strada

Day 3. Ho sempre pensato che questa automobile meritasse un vestito migliore di quello che le hanno cucito addosso. Sì, perché sotto queste sembianze un po’ anonime e non troppo accattivanti, si nasconde una sportiva con i fiocchi. L’équipe che l’ha progettata sa perfettamente come deve essere fatta un’auto di questo genere e ci ha messo tutto l’entusiasmo e l’esperienza del caso. Basta mettersi al volante per rendersene conto. Il punto H, per esempio, quello che individua l’attacco dell’anca con il bacino si trova a 38 centimetri da terra e questo è già un bel presupposto per vivere in prima persona la strada. Il sedile è essenziale, avvolge bene senza essere ingombrante e, soprattutto, lascia liberi i gomiti, cosicché si può girare il volante anche di 180 gradi senza fastidiose interferenze. Il volante, appunto, ha un diametro di 36 centimetri e una bella impugnatura ergonomicamente ben studiata: è inclinato di soli 14 gradi sulla verticale, cioè perfetto. Avrei soltanto eliminato tutti i pulsanti (radio, telefono ecc.) che non c’entrano nulla con la guida. Venti centimetri a destra c’è la leva del cambio, anch’essa al posto giusto. Sei marce, ravvicinate, innesti brevi, precisi, appena contrastati, insomma quello che ci vuole. E poi c’è la pedaliera; l’appoggio per il piede sinistro è davvero ben realizzato, la frizione ha corsa corta e l’acceleratore e il freno sono così bene allineati che viene spontaneo schiacciarli insieme quando si scalano le marce. Non ultimo, quando si tratta di guidare, sulla BRZ si vede bene. Non sto ovviamente parlando della visibilità in manovra, ma di quello che si percepisce davanti. Grazie ai rigonfiamenti dei parafanghi, si riesce a mettere le ruote dove si vuole. Il contagiri, grande, analogico, è lì proprio dove dev'essere e c’è anche una bella spia rossa che si accende quando ci si avvicina al limite dei giri. Così si riesce a cambiare marcia al regime giusto, senza far intervenire il limitatore di giri, che finirebbe per mortificare la progressione. A destra del contagiri c’è uno strumento multifunzione che dà tutte le indicazioni del caso, dalle temperature (c’è anche quella dell’olio) a una visualizzazione delle curve di coppia e potenza. Avrei fatto volentieri a meno del tachimetro analogico (è a sinistra del contagiri), che trovo inutile, dato che c’è già quello digitale integrato nel contagiri. Quanto al motore, non è un oggettino da niente: 4 cilindri boxer aspirato, quattro alberi a camme, otto iniettori, 100 cavalli/litro, potenza massima a 7.000 giri e coppia a 6.400. Mi sembra non ci sia altro dire. Marco Perucca Orfei, Centro prove

Day 4. Sono cresciuto sulla panchetta della Fulvia Coupé blu di mia madre e da adolescente alternavo i banchi di scuola con le poltroncine di velluto della Beta Coupé amaranto di mio padre. “Coupé” è sempre stata una parola magica, probabilmente la prima parola straniera che imparai a pronunciare correttamente. Perché allora, parliamo di quello straordinario periodo che sono stati gli anni 70, le berline erano noiose, le station wagon inesistenti, le cabrio rare e le Suv… beh, lo sapete. A uno come me, in odore di patente, restavano solo le coupé, che allora straripavano dalle pagine di Quattroruote, ad alimentare le fantasie post adolescenziali di stampo automobilistico. A evocare il momento nostalgia ci ha pensato in questi giorni la BRZ in prova, macchina, anzi coupé, che restituisce significato alla parola guidare, che ti proietta in un amen in un mondo fatto di posizione di guida semi sdraiata, volante verticale, seduta rasoterra e, soprattutto, seducenti movimenti di bacino, il retrotreno sarebbe. Parlandone coi colleghi, ho detto che “sembra di guidare un’auto storica” e loro, che hanno “gli ottani nel sangue” (è una citazione, bravo chi la coglie), hanno capito subito che stavo facendo un complimento, che facevo riferimento a quell’impegno costante, mai eccessivo, che regala all’atto del guidare quella poesia d’altri tempi, alla quale, nell’ossessiva ricerca della perfezione, non siamo più abituati. Carlo Di Giusto, redazione Attualità

Day 5. Guidare una BRZ in autostrada? Che idea folle… Già, perché ormai è abbastanza chiaro che questa coupé sportiva nasce per solcare tutt’altro tipo di “sentieri”. D’altra parte il banale percorso lavoro-casa è il “tracciato” a mia disposizione e, considerando la natura della giapponese (nata dal progetto, ricordiamo, che ha dato vita alla sorella Toyota GT86), sono proprio curioso di vedere come se la cava. Come già sottolineato dai colleghi, nonostante i tecnici della Subaru l’abbiano creata pensando più alla pista che al traffico di tutti i giorni, la BRZ si comporta molto bene anche nelle condizioni più “normali”. Calato nell’abitacolo - già, perché la seduta è davvero rasoterra, come nelle più classiche sportive - e regolato agevolmente il sedile, metto la prima e imbocco la tangenziale. Non ci conosciamo, ma il primo approccio con lei è piacevole, facile, diretto direi. In effetti, tutto in quest’auto è realizzato per avere un contatto semplice e intuitivo con la strada senza intermediazioni: sterzo preciso, marce corte, pedaliera ravvicinata. L'elettronica è ridotta all'essenziale e anche l'immancabile infotainment c'è, ed è pure touch, ma senza troppi fronzoli. Non ultimo, il quattro cilindri boxer 2.0 litri da 200 CV, sempre pronto a regalare soddisfazioni, pur senza essere violento. Infine, c’è un aspetto che non fa rimpiangere molte altre “colleghe” blasonate, ossia le sospensioni morbide, che sono una manna per la schiena all'approssimarsi di buche e dossi, ben assorbiti anche grazie al sedile contenitivo, ma tutt'altro che rigido. Imbocco l’autostrada e metto la sesta, ad andatura rigorosamente da Tutor. Vissuta così, la mia compagna di viaggio sembra persino docile, fin troppo. E, in effetti, dopo una decina di chilometri la frustrazione è ai massimi livelli: come può esprimere al meglio le sue doti in questo scenario? Preso dallo sconforto punto al primo casello e, uscito, cerco un percorso alternativo. Finalmente, ecco davanti a me, come un miraggio, la tratta ideale: curve, rotonde e qualche rettilineo. Affronto la prima rotatoria con lo stesso entusiasmo di un bimbo sul suo primo quadriciclo a pedali e finalmente un sorriso si stampa sul mio volto. Le ruote vanno proprio dove decido, con una precisione quasi chirurgica, e mi rendo conto di dover domare i cavalli di razza che scalpitano dentro al cofano perché, se non si dosa bene l'acceleratore, il retrotreno tende a scivolare. Poi provo l'allungo, ma devo subito tirare le briglie perché il contachilometri schizza verso l'alto e la lancetta del contagiri è nei pressi della zona rossa. Sono costretto a fermarmi, ché sono pur sempre in ambito urbano. Ma è bastato poco per entrare in perfetta sintonia e "lei" sembra ringraziarmi. Poi, non contenta, pare chiedermi: "Ora mi porti in pista?". Peccato sia arrivato davanti al box. Alla prossima occasione, piccola... Roberto Barone, redazione Internet

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