L'automobile è nata in Europa e ha trovato la sua piena affermazione industriale negli Stati Uniti, ma il futuro è cinese. Lo dicono i numeri, che nella loro freddezza certificano, senza alcuna ombra di dubbio, il primato raggiunto dal "made in China" in un lasso di tempo, tra l'altro, brevissimo. L'anno scorso, l’industria automobilistica cinese ha registrato nuovi record non solo in termini di vendite, ma pure - se non soprattutto - sul fronte della produzione e delle esportazioni.
I numeri. Nel 2023, secondo la China Association of Automobile Manufacturers (Caam), le vendite di veicoli sono aumentate del 12% a 30,09 milioni di unità. Analogo tasso di crescita è stato riscontrato per i volumi produttivi: +11,6% e 30,16 milioni di veicoli assemblati nelle ormai centinaia di fabbrica del Dragone. Le performance industriali sono sostenute non solo dal mercato interno, ma anche dai mercati esteri: l'export è aumentato del 58%, fino a 4,91 milioni di veicoli spediti altrove. Con questi numeri, la Cina è destinata a conquistare la corona di primo Paese esportatore al mondo, superando il Giappone, fermo a 4,3 milioni circa nei primi 11 mesi dell'anno scorso, ma probabilmente impossibilitato a raggiungere il concorrente asiatico alla luce dei minori volumi mensili e delle conseguenze del recente terremoto nella prefettura di Ishikawa.
L'ascesa. Se i numeri saranno confermati nei prossimi giorni, allora per la Cina si potrà parlare ufficialmente di un traguardo storico, raggiunto peraltro in soli 70 anni (l'industria locale nasce ufficialmente nel 1953), ma non certo sorprendente visto il ritmo di crescita degli ultimi anni. "La Cina ha impiegato 55 anni per aumentare il numero delle esportazioni automobilistiche da uno a 1 milione. Nel 2021 ha superato i 2 milioni e nel 2023 ha raggiunto i 4,91 milioni, avvicinandosi ai 5 milioni", dice Fu Bingfeng, segretario generale della Caam. Inoltre, nel 2009 la produzione e le vendite di automobili in Cina hanno superato per la prima volta la soglia dei 10 milioni, superando gli Stati Uniti, allora avviluppati nella grande crisi successiva al fallimento della Lehman Brothers. Diversi sono i fattori che spiegano l'ascesa cinese. Le esportazioni, per esempio, hanno beneficiato l'anno scorso del fortissimo contributo delle spedizioni verso la Russia, dove ormai oltre la metà dell'immatricolato è rappresentato da vetture di marchi quali Great Wall o Chery, capaci di rimpiazzare i marchi occidentali dopo l'embargo imposto a Mosca dall'Occidente per l'invasione dell'Ucraina.
Il ruolo delle elettriche. Ovviamente, un ruolo decisivo è da attribuire alla cosiddetta categoria dei veicoli a nuova energia (Nev), ossia le elettriche e le ibride plug-in: l'anno scorso, ne sono stati esportati 1,2 milioni di esemplari, il 77,6% in più rispetto al 2021, con le elettriche pure in salita dell'80,9% e le ricaricabili in miglioramento del 47,8%. Le statistiche mostrano che lo scorso anno nel Paese sono stati prodotti 9,6 milioni di Nev (+35,8%) e ne sono stati venduti 9,5 milioni (+37,9%), il 31,6% dei volumi commerciali totali. Infine, non va dimenticano il peso crescente dei marchi cinesi, ormai capaci di battere la supremazia tecnologica occidentale. Nel 2023, le Case locali hanno consegnato 14,6 milioni di veicoli, registrando una crescita del 24,1%, più del doppio rispetto alla media del settore del 12%, e conquistando il 56% del mercato. Il merito non è solo della convenienza, ma anche di un miglioramento qualitativo che anche i non cinesi stanno iniziando a riconoscere. Non si spiega, altrimenti, come la crescita delle esportazioni, in particolare tra Europa e Sud-est asiatico, si sia accompagnata l'anno corso con un deciso aumento dei prezzi: dai 16 mila dollari medi del 2021 a 19 mila.
I timori dell'Occidente. Detto questo, le prospettive per l'industria automobilistica cinese sono rosee, per quanto preoccupanti per la concorrenza occidentale. La Caam prevede che il mercato e l'intero settore mantengano l'attuale slancio anche quest'anno in scia alla ripresa economica e, ovviamente, al contributo delle nuove tipologie di alimentazione. Zhang Yongwei, vicepresidente del think tank China EV100, ritiene che la sempre più forte presenza globale dei cinesi sia destinata a cambiare il panorama dell'intero comparto e prevede che le esportazioni, unite alle produzioni locali delle filiali estere, possano superare nel 2030 la soglia dei 10 milioni, di cui il 50% rappresentati da Nev. A tal proposito, l'agenzia statale Xinhua ha dato conto dei nuovi obiettivi fissati per elettriche e ibride plug-in: Pechino punta a far sì che il 45% delle vendite siano Nev entro il 2027. La precedente Roadmap 2.0 indicava per il 2025 una percentuale del 20%, per il 2030 del 40% e per il 2035 di oltre il 50%, ma negli ultimi anni i numeri hanno superato ampiamente le aspettative.
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