Il Financial Times lancia l'allarme su un problema destinato a peggiorare una situazione già deficitaria per il mondo della logistica europea. "I porti europei si sono trasformati in parcheggi di automobili", titola la testata britannica. In sostanza, i costruttori e i loro distributori, cinesi in primis, stanno lasciando le automobili nei parcheggi di terminal a causa del rallentamento delle vendite di elettriche e di diversi "colli di bottiglia".
Problema cinese. In alcuni casi, gli slot per lo scarico dei veicoli vengono sì prenotati, ma poi non si provvede al trasporto, mentre in altri non si riescono a trovare neanche le bisarche per movimentarli. "I distributori utilizzano sempre più i parcheggi del porto come deposito. Invece di immagazzinare le auto presso i concessionari, le stoccano nel terminal automobilistico", afferma il porto di Anversa-Bruges (Zeebrugge è il principale terminal in Europa per le importazioni di veicoli). "I produttori cinesi di elettriche utilizzano i porti come parcheggi", accusa un responsabile di supply chain, mentre altri dirigenti fanno presente come i cinesi, a causa di vendite ben al di sotto delle aspettative, abbiano lasciato i loro veicoli nei terminal per almeno 18 mesi. Ecco perché le autorità portuali stanno chiedendo agli importatori di fornire la documentazione relativa al loro trasporto al di fuori delle strutture.
Situazione caotica. Un esperto del settore parla esplicitamente di "caos". Del resto, tutti i principali terminal automobilistici sono ormai congestionati. A Bremerhaven, il gestore del secondo terminal automobilistico europeo per volumi movimentati, la Blg Logistics, ha iniziato a riscontrare un aumento dei tempi di stoccaggio in seguito allo stop agli incentivi per le elettriche deciso da Berlino a metà dicembre, mentre la norvegese United European Car Carriers ha definito "molto frustranti" i ritardi subiti a Livorno e al Pireo. L'intasamento dei porti è legato anche alla decisione di costruttori come Byd, Great Wall, Chery o Saic di spingere le esportazioni per mantenere attive le loro fabbriche cinesi e anticipare eventuali dazi europei (solo nel 2023 l'import cinese è balzato del 58%). Tuttavia, molti di questi produttori si sono trovati impreparati a gestire i trasporti anche per la mancanza di strutture organizzative dedicate e per le difficoltà di trovare distributori capaci di dare loro la priorità. Non si tratta solo del problema strutturale della mancanza di camion. Infatti, molti operatori non accettano ordini da parte di aziende nuove, piccole o non in grado di garantire servizi regolari.
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