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Nuova Opel Astra
La rivoluzione del Blitz è servita: ecco come va - VIDEO

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In una delle mie ultime scorribande al Nürburgring (ormai troppo tempo fa, ahimè) ricordo nitidamente, all’altezza del Karrussell, un cartellone giallo con una frase, scritta rigorosamente in tedesco: wir sind Opel (Opel siamo noi). Non so se quel manifesto sia ancora lì, ma quelle parole rendevano benissimo l’idea di cosa rappresenta, per quella parte di Germania e non solo, il marchio del Blitz. In un certo senso, la sesta generazione della Opel Astra è il prodotto di quella cultura: la piattaforma è in comune con altre rivali del segmento C del gruppo Stellantis (DS 4 e Peugeot 308, per esempio), ma lo sforzo degli uomini e le donne di Rüsselsheim per distinguersi – e, soprattutto, per rimanere intimamente Opel – si può quasi toccare con mano.  

Nuova Opel Astra 2022: razionalità rivoluzionata. Ecco come va

Che standing! Il mio primo contatto con la nuova Opel Astra è in una nuvolosa Lisbona, con il mare in tempesta. In questo contesto, bisogna ammettere che il giallo Kult della carrozzeria, con il tetto nero, valorizza tagli, spigoli e nervature. Ha una bella presenza scenica questa Astra, calamita gli sguardi. La piattaforma Emp2 non ha portato un sensibile aumento delle dimensioni, almeno per quanto riguarda il passo, che è stato allungato di 1 centimetro (2,68 metri in totale), e la lunghezza, pari a 4,37 metri. La larghezza, invece, è cresciuta di cinque centimetri (1,86 metri). Tema abitabilità: in quattro si sta piuttosto comodi, anche se l’agio per le ginocchia di chi siede dietro non è abbondante.

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Maxischermi. Nell’abitacolo si consuma un’altra piccola rivoluzione: la plancia della Opel Astra è dominata da un unico elemento rettangolare che comprende il quadro strumenti e lo schermo dell’infotainment, entrambi da 10 pollici. Il primo non è completamente riconfigurabile ma, all’atto pratico, dispone di tutte le informazioni di cui si ha bisogno e le mostra in modo piuttosto chiaro. Il secondo funziona molto bene: ha connettività Android e Apple wireless (di serie su tutti gli allestimenti) e può vantare comandi vocali naturali, navigatore TomTom e hotspot wi-fi. Sotto il touchscreen – ecco la concretezza di Opel – due file di comodissimi tasti fisici, per controllare in modo immediato il clima o atterrare sul menu preferito in fretta. Anche mentre si sta guidando. Finitura gradevole, parte superiore della plancia morbida. Generosa la disponibilità di vani portaoggetti sul tunnel: portafoglio, chiavi di casa e cellulare (c’è la piattaforma wireless) trovano posto senza difficoltà.

Vuoi ricaricare? La Opel Astra che sto guidando è la ibrida plug-in, con il powertrain da 180 cavalli complessivi (più avanti arriverà quello da 225, che abbiamo provato sulla Peugeot 308), in allestimento Ultimate, top di gamma: 42.300 euro. Vi risparmio il solito discorso sulle ibride ricaricabili, che hanno senso soltanto se si attaccano spesso alla presa elettrica, e passo direttamente alla guida. Anzi, no: prima, sappiate che il bagagliaio della plug-in, secondo la Casa, perde una settantina di litri rispetto a quello delle altre Astra. Da 422 litri in configurazione cinque posti, si scende a 352 (molto probabile che quelli reali siano un po’ meno). Su strada, l’Astra è prima di tutto rassicurante, qualsiasi sia il percorso scelto. La visibilità posteriore non è un granché – mi raccomando, scegliete le ottime telecamere a 360°, utilissime in manovra - ma si tratta di una macchina che fa sentire a proprio agio, fin dai primi metri. A cominciare dalla posizione di guida, seduti su un ottimo sedile di pelle, certificato Agr, riscaldabile e con funzione massaggio.

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C’è anche la diesel. In autostrada bisogna fare i conti con fruscii avvertibili nella zona del parabrezza, ma il mantenimento di traiettoria è dolce nelle eventuali correzioni, non genera mai apprensione. Nemmeno il 1.6 turbobenzina rumoreggia troppo; e poi, se siete stati bravi e avete ricaricato la batteria da 12,4 kWh, potete pure raggiungere i 130 km/h con il quattro cilindri spento. Secondo la Opel, con l’accumulatore carico al 100% si percorrono circa 60 km in elettrico, ma nel mondo reale il dato cala in modo sensibile, almeno intorno ai 45-50. A ogni modo, chi percorre tanta strada può ancora scegliere il turbodiesel, 1.5 da 130 cavalli: l’ho guidato (con l’automatico a otto rapporti) e devo dire che va benone. Non incolla al sedile neppure se si procede a tavoletta, ma s’avvicina ai 1.000 chilometri d’autonomia con un pieno di gasolio e, ai 130 km/h costanti, il computer di bordo segna un consumo istantaneo di circa 5 l/100 km. Niente male, direi. Per completezza, sappiate anche che dentro il cofano dell’Astra possono abitare anche l’1.2 turbobenzina da 110 (soltanto in allestimento Edition, il base) o 130 cavalli; quest'ultimo, anche con cambio automatico a otto rapporti.

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Una tipa solida. Arriva il momento delle curve, nelle sinuose strade che portano a Cabo da Roca, il punto più occidentale del continente europeo. La scarsa prontezza dello sterzo che aveva evidenziato Mirco nella prima guidata del prototipo sembra quasi dimenticata, almeno sulla plug-in, che ha beneficiato di tarature di sterzo, appunto, e sospensioni, dedicate. In effetti, il comando della turbodiesel in allestimento Elegance (influenzato anche dalla gommatura meno spinta) appare meno pimpante, ai primi gradi di rotazione del volante. A ogni modo, l’Astra affronta curve di qualsiasi raggio a testa alta, corica tutto sommato poco e dimostra una bella coesione fra avantreno e retrotreno. Più che coinvolgente, comunque, è soprattutto sicura e prevedibile, anche se si esagera o si commette qualche errore di valutazione. L’1.6 turbobenzina e l’elettrico lavorano bene (anche se l’Eat8 non ha la velocità di certe unità a doppia frizione) e, in modalità Sport, ci si può anche togliere qualche soddisfazione. Ciò detto, chi ha un pistone al posto del cuore dovrà attendere almeno la versione 225 cavalli. O, perché no, un’ipotetica OPC. D'altronde, il 'Ring è sempre lì, a poco più di un centinaio di chilometri da Rüsselsheim.

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