Moratoria fino all’1 marzo 2020. Lo ha annunciato oggi, attraverso il proprio sito internet, il ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti all’indomani della bufera politica che da un paio di giorni si è scatenata attorno ai seggiolini antiabbandono. Quello che a tutti gli effetti sarà un rinvio dell’obbligo di trasporto di bambini fino a quattro anni di età utilizzando un sistema di allarme che eviti di dimenticarli in auto avverrà, verosimilmente, con un emendamento a uno dei provvedimenti attualmente all’esame del Parlamento, probabilmente il cosiddetto decreto fiscale, lo stesso provvedimento con il quale si prevede un bonus di 30 euro per le prime 500.000 famiglie che ne acquisteranno uno.
Nessuna fretta. Alcune questioni, però, in queste confuse ore in cui si è visto e sentito di tutto, vanno precisate. Su tutte la questione della “fretta” di cui hanno parlato politici, associazioni di consumatori, giornali e persino istituzioni. Non c’è stata alcuna fretta: la legge che ha introdotto l’obbligo dei dispositivi antiabbandono è stata approvata dal parlamento il 26 settembre 2018, lo schema di decreto ministeriale che ne stabilisce le caratteristiche è pubblico dal 22 gennaio 2019 (e non è stato cambiato nella sua architettura e nei suoi principi fondamentali dalla pubblica consultazione europea avvenuta tra il 22 gennaio e il 22 luglio), l’obbligo di utilizzo è entrato in vigore l’1 luglio, come previsto dalla legge, ma è stato semplicemente sospeso in attesa della pubblicazione del decreto sulla Gazzetta Ufficiale. Insomma, i produttori di seggiolini sanno da gennaio 2019 come devono essere fatti, gli automobilisti, i giornali e l’opposizione parlamentare sanno da settembre 2018 che a luglio 2019 l’obbligo sarebbe scattato e sanno da luglio 2019 che la sospensione si sarebbe interrotta non appena il decreto sarebbe stato pubblicato. Di quale fretta stiamo parlando?
Niente alibi fiscale. Alcuni politici, associazioni di consumatori e persino istituzioni hanno poi giustificato la richiesta di moratoria con l’assenza del decreto ministeriale che disciplinerà, tra qualche giorno, l’erogazione del bonus fiscale di 30 euro, previsto dal cosiddetto decreto fiscale approvato dal governo il 15 ottobre. Tra le due norme, tuttavia, non vi è alcuna sequenzialità, visto che il bonus è previsto anche per i seggiolini acquistati nel 2019 (per beneficiarne servirà, ovviamente lo scontrino fiscale che ne comprovi l’acquisto).
Moratoria no. Per tutti questi motivi è censurabile la moratoria annunciata dal ministero dei Trasporti su pressione di un’opinione pubblica distratta, di un’industria impreparata e di una stampa approssimativa che per mesi (e ancora alla vigilia dell’entrata in vigore dell’obbligo di utilizzo), ha insistito a spostare tale data a un improbabile 6 marzo 2020. E se nel frattempo accade un’altra tragedia?
La latitanza delle istituzioni. Va detto, per amore della verità, che negli ultimi mesi sia il ministero dei Trasporti sia quello dell’Interno hanno brillato per latitanza. Il primo per non aver ricordato ai cittadini e all’industria, a ogni passaggio tecnico (il parere della Commissione Ue il 22 luglio, la trasmissione dello schema di decreto al Consiglio di stato il 2 agosto, il parere del Cds il 27 settembre, la firma del decreto da parte del ministro Paola De Micheli il 3 ottobre, la pubblicazione del provvedimento sulla Gazzetta Ufficiale il 23 ottobre) che la norma sarebbe entrata in vigore i canonici 15 giorni dopo la pubblicazione del decreto. Ciò è particolarmente grave in considerazione del fatto che alcuni importanti quotidiani, già in estate, avevano iniziato a parlare di obbligo nel 2020. Il Viminale, invece, per non avere emanato già il 23 ottobre, giorno di pubblicazione del decreto sulla Gazzetta Ufficiale, la circolare con cui si ricordava alle forze di polizia, e quindi agli italiani tramite la stampa, l’obbligo di utilizzo dei dispositivi a partire dalla mezzanotte del 6 novembre. È scandaloso che tale circolare sia arrivata solo alcune ore prima dell'entrata in vigore.
Moratoria sì. Se però c’è un problema, come pare, di indisponibilità di dispositivi (oltre che dell’intollerabile, ancorché inevitabile in momenti di accaparramento, impennata dei prezzi), è giusto che il governo intervenga: non possono, gli automobilisti, essere “costretti” a non rispettare la legge perché nei negozi, fisici e online, non si trovano prodotti da acquistare. Ma non con una moratoria di quattro mesi, bensì del tempo minimo necessario ai produttori per mettere sul mercato i due milioni di dispositivi che teoricamente servono (un mese? Due?).
Quanta ipocrisia. Infine, una considerazione. È semplicemente grottesca una tale levata di scudi contro l’entrata in vigore dell’obbligo di utilizzo dei dispositivi antiabbandono se è vero, come scrive l’Istat nel suo ultimo rapporto sugli incidenti stradali in Italia nel 2018, che “la percentuale di utilizzo del seggiolino si attesta in Italia attorno al 48%. I valori maggiori si osservano al Nord (60%), mentre al Sud e nelle isole la percentuale è molto minore, circa il 16%”. Ecco, se si considera che l’uso dei sistemi di ritenuta è obbligatorio fino a un’altezza di 150 cm, se si considera che in media tale altezza si raggiunge attorno ai 12 anni di età e se si considera che, quindi, l’obbligo di utilizzo di un sistema di ritenuta riguarda oltre 6 milioni di bambini, il 48% di utilizzo significa che ogni giorno sulle strade del Bel Paese milioni di bambini sono trasportati in maniera irregolare. E ci stracciamo le vesti per i dispositivi antiabbandono?
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