A un esame superficiale le si potrebbe considerare come delle full hybrid super vitaminizzate. In realtà, le auto ibride plug-in sono automobili assai raffinate, che nascondono sotto la stessa carrozzeria due gruppi motopropulsori (uno termico, l'altro elettrico) pressoché completi e in grado di dialogare tra loro, con tutto quel che ne consegue in termini di complessità tecnica e relativi costi.
Per poter garantire prestazioni di un certo rilievo nella marcia in EV, la potenza del motore elettrico, o dei motori nel caso si tratti di una trazione integrale, dev'essere nettamente superiore a quella di una classica full hybrid. Questo comporta una batteria di adeguata capacità (ben oltre 20 kWh sui modelli più recenti) e un'altrettanta complessa elettronica di potenza che possa gestire il tutto. Tali sistemi, in sostanza molto simili a quelli che equipaggiano le Bev, lavorano ad alta tensione e devono quindi rispettare le relative severe normative sulla sicurezza. Dall'immagine a destra, che si riferisce alla nuova Audi A5 Avant, appare subito evidente la loro complessità.
Con batterie da oltre 20 kWh, la ricarica può diventare un problema. Di norma avviene in corrente alternata: tramite la rete di casa (la scelta più economica, ma è bene dotarsi di una propria wallbox) o attaccandosi alle colonnine. Su alcuni modelli è prevista anche l'impiego della corrente continua, soluzione scartata dai tecnici dell'Audi, che sull'A5 hanno invece preferito puntare su una speciale funzione di ricarica interna tramite il motore termico (battery charge). Si consuma un po' di più, è ovvio, ma il costo non è poi così dissimile da una ricarica in corrente continua e, senza abusarne, può essere utile.
Esaurita l'energia elettrica, entra in scena il motore termico e la plug-in si mette a funzionare come una tradizionale full hybrid. Dotato di potenza adeguata, il propulsore a pistoni garantisce in genere prestazioni di buon livello, che diventano addirittura esuberanti quando, con la batteria carica, si affonda tutto l'acceleratore, chiedendo così alle due unità di collaborare e di sprigionare fino all'ultimo chilowattora disponibile.
L'aggravio di peso dovuto alla complessità di una soluzione di questo tipo influisce negativamente sull'efficienza complessiva, che è inferiore a quella di una Bev quando si marcia in elettrico, così come a quella di una full hybrid quando, invece, si utilizza il carburante. Per contro, si viaggia sempre tranquilli, senza ansia da ricarica. Il migliore utilizzo di una plug-in prevede di ricaricarla molto spesso, cercando di marciare per il maggior tempo possibile in modalità elettrica – 80-100 chilometri di autonomia bastano, di solito, per andare e tornare dal luogo di lavoro senza interventi del motore a benzina –, relegando la modalità hybrid al solo uso autostradale sulle lunghe distanze.

Leapmotor C10 REEV - Come ti trasformo un'elettrica
La sempre maggiore richiesta di autonomia in elettrico ha portato negli anni a un aumento considerevole della capacità della batteria. Pertanto, c'è chi ha pensato – come i cinesi della Leapmotor – che per realizzare una plug-in era meglio trasformare un'auto elettrica invece di una termica. La C10 Reev che vedete qui sopra, infatti, è la versione ibrida dell'omonima Bev, a cui è stata ridotta la batteria (da 69,9 a 28,8 kWh) e aggiunto un motore termico – un semplicissimo quattro cilindri aspirato da 50 kW di potenza –, che svolge la sola funzione di mantenere entro certi limiti il livello di carica dell'accumulatore. In altre parole, una sorta di range extender. La trazione (posteriore) è fornita da un elettrico da 158 kW.
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