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Bolide
La storia della Lotus Esprit Turbo

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Dietro quella linea inconfondibile ancor oggi, un cuneo (slanciatissimo) che vola radente sull’asfalto, ci sono la matita (e il tocco) di Giorgetto Giugiaro. Capace di creare, giusto per rendere l’idea, una silhouette che ha resistito alle angherie del tempo per una trentina d’anni, suppergiù. Già, perché la Lotus Esprit, che ha visto la luce nel 1972, è rimasta viva fino ai primi 2000. Quella che vedete in gallery, messa alla frusta da Ivan Capelli, è una Turbo del 1989.

Turbamenti di rilievo. Un bel periodo, per la Casa di Hethel, all'epoca appena entrata nell’orbita dell’allora colosso General Motors. Al di là di qualche ritocco alla linea, con appendici aerodinamiche leggermente più pronunciate, i maggiori interventi sono avvenuti sottopelle. Non tanto sul telaio – la solita trave scatolata alla quale si attaccano i telaietti con le sospensioni, il propulsore e la scocca, di materiale plastico rinforzato con fibra di vetro – quanto sul motore, un quattro cilindri da 2.2 litri e 264 cavalli. Interamente d’alluminio, vantava un sistema di sovralimentazione non comune per l’epoca. Un intercooler riduceva la temperatura dell’aria compressa dal turbo (Garrett TB03) grazie a un sistema di raffreddamento ad acqua con tubazioni, serbatoio e radiatore indipendenti da quelli del motore. In questo modo, anche se per brevissimi periodi (una trentina di secondi), sotto al piede destro erano disponibili ben 280 cavalli: tradotto in numeri, ciò significava uno 0-100 da poco più di cinque secondi, e una punta massima di oltre 260 km/h.

lotus-esprit-turbo_13

Pretty woman. Al di là delle notevoli doti prestazionali, la Esprit Turbo era, ed è, una macchina tutta da domare, piuttosto scorbutica al limite. Non aiutano la posizione di guida, con pedaliera disassata e un tunnel centrale decisamente troppo ingombrante, e nemmeno lo sterzo, privo di assistenza (pesante come un macigno nelle manovre). Tutte peculiarità che non hanno impedito alla Esprit di diventare una vera e propria diva del cinema. Prima di tutto, come macchina ufficiale di 007, in due pellicole: “La spia che mi amava”, dove la coupé inglese si trasformava in sottomarino, ma anche in “Solo per i tuoi occhi”. Last but not least, la sportiva della Lotus fece anche un’apparizione in Pretty woman, nel 1990, con un Richard Gere non esattamente abilissimo nella guida con il cambio manuale, e una Julia Roberts letteralmente innamorata della tenuta di strada. 

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