Si è ingrandita (ben 18 centimetri più lunga), ha una carrozzeria più lineare ed elegante, il turbodiesel è un "2.2" invece del vecchio due litri, le marce dell'automatico sono cinque al posto di quattro, è saltata fuori persino la terza fila di sedili (come su una monovolume), eppure la "Santa Fe" è quella di sempre. Semplicemente "gonfiata" per inseguire Volkswagen "Touareg" e Volvo "XC90".

La "Santa Fe" seconda generazione è un'auto ben riuscita. Il posto per il guidatore è comodo e offre un'ottima visuale, mentre le regolazioni di sedile e volante, in altezza e profondità, permettono a tutti di trovare la posizione migliore. L'abitacolo è spazioso e dietro stanno comodi anche tre adulti. E poi ci sono i due sedili da estrarre dal fondo del bagagliaio, niente affatto male: lo spazio per le gambe è sufficiente e non si è costretti a contorsioni e viaggi con le ginocchia sotto il mento.

La "Santa Fe" offre il confort di un'ammiraglia, ma pesa parecchio: 2090 chilogrammi in condizioni di prova. Si capisce, quindi, come mai l'aumento di cilindrata non abbia portato grandi benefici nelle prestazioni. La sport utility coreana è un'auto da 175 km/h, con uno "0-100" da 14,3 secondi e una buona ripresa. Però la sensazione è quella di una vettura votata al confort più che al piacere di guida. La "Santa Fe" va benissimo alle andature turistiche, ma non è l'ideale se si cerca una maggiore sportività nelle risposte. Lo sterzo è un po' lento, ma progressivo, mentre l'Esp fornito di serie interviene in maniera efficace.

Nell'off-road, la "Santa Fe" è discreta. Rispetto alla vecchia trazione integrale permanente con tre differenziali, ora c'è di serie il Tod (Torque on Demand), che gestisce elettronicamente la frizione centrale. Il sistema è valido ed è adottato da sempre più Suv, ma per andare dappertutto ci vorrebbero le marce ridotte.