Molte citycar a motore termico, lo abbiamo detto più volte, sono ormai al capolinea. Poco redditizie per i costruttori e apprezzate ormai solo su alcuni mercati, come quello italiano, stanno tuttavia traendo nuova linfa dalla mobilità elettrica, di cui rappresentano la porta d’accesso. Del resto, già nei primi anni '90 alcune grandi case automobilistiche avevano immaginato così il futuro della mobilità, con ingombri ridotti e powertrain alimentati da batterie.
Flop e concept. Qualche costruttore più coraggioso tentò, in quello stesso periodo, di avviare delle produzioni di serie. I modelli in questione, derivati da quelli che, all’epoca, stavano registrando grande successo sul mercato, non riuscirono tuttavia a riscontrare particolare interesse da parte del pubblico: di fatto, parliamo di veri e propri flop, nati più con la pretesa della sperimentazione che della vendita. Ben più seri e visionari, invece, sono quei prototipi svelati negli stessi anni: tutt’altro che delle improbabili showcar, nacquero con il serio intento di studiare delle concrete soluzioni per la mobilità del futuro. Tanto che, a rivederli oggi, non sembrano molto dissimili dalle citycar odierne.

Piccola bavarese. Ad aprire le danze, in quegli anni, è la BMW E1, un’elettrica lunga 3,46 metri presentata al Salone di Francoforte del 1991. Non è una monovolume, ma presenta comunque proporzioni all’epoca inedite per una vettura dell’Elica, pur adottando all’esterno vari elementi del nuovo corso stilistico bavarese. Il suo motore da 44 CV è alimentato da una batteria da 20 kWh, che le garantisce, secondo la Casa, un’autonomia di 200 km. La prima versione, riconoscibile per il lunotto molto spiovente e la carrozzeria rosso mattone, verrà purtroppo distrutta da un incendio, per poi essere rimpiazzata da una seconda E1, svelata nel 1993 con una carrozzeria dal posteriore ridisegnato e verniciata di verde smeraldo (nella foto qui sopra). In questa sua evoluzione, oggi esposta al BMW Museum, la vettura può essere equipaggiata anche con powertrain ibridi o di tipo tradizionale. In ogni caso, il concetto della E1 resta alla base dell’idea che, 20 anni dopo il secondo prototipo, porterà alla produzione della BMW i3.

Cittadina pieghevole. Al Salone di Parigi del 1992 viene invece presentata la Renault Zoom, una piccola citycar dalla lunghezza variabile. Proprio così: più che per il suo motore elettrico da 61 CV e la linea da “ovetto” futuristico, questa due posti, sviluppata in collaborazione con la Matra, colpisce fin da subito il pubblico per il suo asse posteriore mobile, capace di scorrere in avanti sollevando il retro della vettura, per esempio quando c’è bisogno di spazio per parcheggiare. In questo modo, la lunghezza di 2,65 m può scendere fino a 2,10 m, recuperando oltre mezzo metro in manovra.

L’altra francesina. Nello stesso anno la Citroën presenta la piccola concept Citela (Citroën Electric Automobile), capace di ospitare quattro persone in soli 2,96 metri di lunghezza. Il prototipo, al quale hanno lavorato per un anno e mezzo alcuni ingegneri del Double Chevron, è mosso da un powertrain da 27 CV, con il quale la vettura può raggiungere la velocità di 110 km/h. Non solo: la carrozzeria di quest’auto, rivestita di pannelli di plastica removibili, può cambiare forma in pochi minuti, diventando un pick-up o una roadster. Un’idea simile sarà alla base della C3 Pluriel, in produzione 11 anni dopo ma con motori tradizionali.
Italiana a tre posti. Nel 1993 la Fiat presenta al Salone di Ginevra il prototipo Downtown, una citycar lunga 2,5 metri e spinta da due motori elettrici, uno per ciascuna delle due ruote posteriori. Nonostante le dimensioni molto simili a quella che sarà la prima generazione della Smart, riesce a ospitare tre persone, di cui due in posizione più arretrata rispetto al guidatore, con il volante collocato al centro della plancia. Oggi visibile al Museo dell’Auto di Torino, è il più noto prototipo elettrico della Casa piemontese lanciato negli anni '90, al quale farà seguito un trittico di concept cittadine a batteria, tutte del 1996: Zic, Zicster e Vanzic.

È rimasto il nome. Chiudiamo questo approfondimento con la concept Peugeot Ion, svelata dal Leone al Salone di Parigi del 1994. Lunga 3,3 metri, questa vettura con motore da 27 CV alimentato da batterie al nichel-cadmio (l’autonomia dichiarata è di 150 km) può ospitare fino a quattro quattro persone, “coccolate” dalla presenza di accessori molto tecnologici per l’epoca, come il supporto per il Nintendo Game Boy e altre console portatili, il lettore CD e il telefono vivavoce. Il suo nome, come tutti sappiamo, verrà poi riutilizzato dal marchio francese per la piccola Ev dalla carrozzeria stretta e alta, prodotta dal 2010 in collaborazione con la Mitsubishi. La concept del 1994, però, non rimarrà l’unico studio del Leone di quegli anni sulla mobilità cittadina: nel 1996 le farà seguito la Peugeot Tulip, una citycar a due posti pensata per il car sharing.
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