Un altro maestro del design italiano compie oggi 85 anni. Classe 1938, come Giorgetto Giugiaro, Ercole Spada è probabilmente l’uomo che più di tutti ha reso grande lo stile dell’atelier Zagato in un’epoca in cui, alle grandi icone della motorizzazione di massa, la produzione motoristica italiana affiancava l’eleganza di fuoriserie e few-off dei suoi grandi carrozzieri. Sarebbe riduttivo, tuttavia, attribuire la genialità del designer di Busto Arsizio alle sole Zagato, avendo firmato, tra le varie, anche celebri auto di larga produzione lavorando soprattutto tra l’Italia e la Germania.
Con Zagato. L’atelier lombardo, tuttavia, rappresenta il trampolino di lancio del car stylist italiano: dopo il diploma come perito industriale meccanico e il servizio militare, Spada viene assunto dalla Zagato, a cui si era proposto ammirando il fascino della produzione dell’atelier. Con il carrozziere lombardo il designer darà vita a grandi capolavori con il logo Alfa Romeo, come la Giuletta SZ, la Giulia TZ e la Junior Z, anche sperimentando la soluzione della celebre coda tronca. Ma il suo primo progetto del 1960 – elaborato nella confusione del vecchio capannone al Portello, dove avvengono anche le fasi di lastratura e saldatura dei veicoli – è rappresentato dall’Aston Martin DB4 GT Zagato, commissionata dal reparto sportivo della Casa britannica. Come ama ricordare Spada, si tratta di un’auto che fa pensare all’abito di un torero: molto aderente al corpo, quasi a filo con la meccanica. A vederla, un’auto muscolosa: “L’esibizione di muscoli avveniva solo per cercare di ridurre al massimo la sezione frontale”, ha spiegato Spada a Ruoteclassiche, alludendo a esigenze puramente aerodinamiche.

Non solo few-off. Tuttavia, quando viene commissionata la Flavia Sport, Carlo Pesenti (patron della Lancia, ndr) vuole un’auto in grado di catturare gli sguardi dei passanti. Detto, fatto: nasce all’epoca un grande capolavoro, seppur con risorse limitate, che riducono le componenti da realizzare ad hoc, evitando costose omologazioni. Va detto che gli anni di Spada in forza alla Zagato sono soprattutto costellati da vetture prodotte in pochi esemplari, con qualche eccezione: la Lancia Fulvia Sport, per esempio, si rivela un successo commerciale, pur rimanendo un’auto di nicchia.
Quattroruote. Negli anni 70 Spada approda in Ford, che nel 1973 acquisisce l’atelier Ghia, per poi maturare una breve esperienza in Audi, prima di essere nominato responsabile del design BMW. Spada, prima di allora convinto che per disegnare un’auto dell’Elica fosse necessario “vivere sul posto, bere una birra, mangiare dei wurstel”, come da lui stesso dichiarato a Ruoteclassiche, contribuisce alla nascita di una delle più riuscite Serie 3: “Come primo lavoro ho lavorato sulla E30: la parte frontale è stata presa dal mio modello”. I suoi lavori più celebri, tuttavia, sono le nuove generazioni di Serie 5 e Serie 7, rispettivamente la E32 e la E34. Di fatto, due lavori impegnativi: “Il fanale posteriore della 7 è stato uno dei più difficili”, individuato dopo numerosi bozzetti. Con un risultato pregevole, tanto da far impensierire i vertici della Stella, che produce la rivale Classe S: “Abbiamo avuto un bello shock quando hanno presentato quella macchina”, è quanto confideranno tempo dopo al figlio Paolo nei suoi anni alla Daimler.

Il ritorno in patria. Dopo l’esperienza tedesca, Spada viene chiamato in Italia dall’IDeA Institute di Torino. “C’era da risolvere un problema, una struttura universale per una serie di vetture, [..] inizialmente Fiat e Lancia, poi Alfa Romeo”, ha raccontato a Ruoteclassiche. “Alla fine del 1983 viene approvato il modello della nuova Dedra, poi quelli di Tempra e Tipo. Nessuno aveva mai fatto una cosa del genere, peraltro osteggiata all’interno di Fiat”. Nonostante gli ottimi risultati dell’operazione, non tutto è di gradimento per Spada: “Quella che non avrei mai fatto è la Delta (di seconda generazione): [..]non si può tagliare la coda a una berlina e venderla come una macchina (tradizionale)”. E se a dirlo è forse il più grande maestro delle carrozzerie a coda tronca, c’è da crederci: del resto, il successo inferiore alle aspettative di questo modello avvalora questa tesi. Quasi dieci anni dopo il prototipo della Osca Dromos del 1998, un altro suo capolavoro, con il figlio Paolo dà vita alla SVS (Spada Vetture Sport) Codatronca TS, con meccanica della Corvette: per la sua prima supercar prodotta “in house”, Spada torna alla sua celebre soluzione aerodinamica. Di fatto, il fiore all’occhiello di una carriera costellata da grandi icone.
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