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Industria e Finanza

Brexit
Automotive in allarme: dazi evitati, ma aumenteranno comunque i costi

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L’Unione Europea e il Regno Unito sono riusciti a raggiungere un compromesso sui futuri rapporti commerciali legati alla Brexit, ma il settore automobilistico lancia comunque un nuovo allarme: l’intesa, per quanto eviti l’applicazione di dazi doganali, implica per i costruttori un notevole aumento dei costi amministrativi proprio nel momento in cui hanno bisogno di espandere gli investimenti nella mobilità elettrica. 

Burocrazia, omologazione e origine. Il 24 dicembre scorso Londra e Bruxelles hanno raggiunto un accordo che garantisce scambi commerciali sostanzialmente liberi e quindi scongiura lo scenario tanto temuto della “Hard Brexit". Il settore automobilistico non dovrà pagare le tariffe doganali del 10% imposte dai regolamenti dell’Organizzazione mondiale del commercio né tantomeno sottostare a un sistema di quote o di limitazioni alle importazioni e alle esportazioni. Tuttavia non mancano alcuni obblighi come il rispetto di regole di origine che stabiliscono un livello minimo di componenti e attività locali. Le Case, una volta concluso il periodo di transizione di un anno, saranno obbligate a presentare documenti che attestino la provenienza britannica o comunitaria del 55% dei componenti di un qualsiasi veicolo ad alimentazione tradizionale. Per i veicoli elettrici, a causa della provenienza asiatica delle batterie, la soglia è stata inizialmente fissata al 40%, ma è destinata a salire progressivamente. 

Costi elevati. L’associazione di rappresentanza Smmt (Society of Motor Manufacturers and Traders) ha quindi lanciato un avvertimento sull’aumento dei costi burocratici, accentuati, tra l’altro, dalla necessità di ottenere l’omologazione dei veicoli secondo procedure separate. Si tratta, per il numero uno Mike Hawes, di “costi potenzialmente elevati per un singolo produttore”. "Il lavoro di ufficio prima lo facevi su una minoranza di veicoli. Ora lo devi fare su quasi tutti i tuoi veicoli, tranne quelli destinati al mercato del Regno Unito”, ha spiegato Hawes. Pertanto l’accordo “non è a costo zero” per un settore automobilistico che dovrà tenere conto dell’aumento delle spese amministrative nel programmare gli investimenti. D’altro canto l’incertezza sull’esito delle trattative tra Londra e Bruxelles ha già portato alcune grandi realtà a ridurre investimenti e presenza produttiva nel Regno Unito: la Nissan ha rinviato l’avvio della produzione della nuova Qashqai a Sunderland e cancellato il progetto di produrre la X-Trail nell’impianto inglese, la Ford e la Honda hanno deciso di chiudere attività manifatturiere tra l’Inghilterra e il Galles, mentre è incerto il destino dell'impianto della francese PSA a Ellesmere Port. I sindacati hanno espresso forti timori dopo il via libera alla nascita di Stellantis e chiesto ai francesi di produrre veicoli elettrificati per garantire un futuro all'impianto e ai lavoratori.

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