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ChiudiAlfa Romeo
Il naturale trascorrere del tempo, un mondo sempre più digitale e meno analogico, persino la pandemia: metteteci tutto quello che volete, ma la Giulia Quadrifoglio resta salda al suo posto. Lì in cima, su quel piedistallo alto più degli altri che le appartiene dal 2016 e che, a badare ai fatti, appare irraggiungibile per qualunque altra vettura con quattro porte. Certo, se teniamo conto del cronometro e del puro tempo sul giro sulla nostra pista di Vairano, non è la berlina più veloce: il suo record è stato battuto dalla BMW M5, che poi, pochi mesi fa, ha ceduto lo scettro alla Porsche Taycan. Ma non è significativo, perché le due tedesche, per versi diversi, sono un'altra storia sotto tutti i punti di vista: impostazione, filosofia, prezzo. Le insidie vere, per restare sempre in Germania, per la Quadrifoglio potrebbero semmai arrivare con la nuova generazione della M3/M4, quelle sì assonanti con la più Alfa delle Alfa. Nel frattempo, non resta che continuare a celebrare la Quadrifoglio anche in questo Model Year 20, che peraltro porta in dote tutte cose esterne alla sua natura più intima.
Più moderna dentro. Si tratta infatti di dettagli ed elementi ininfluenti per la dinamica di guida, capaci semmai di fare la differenza nella vita quotidiana, a partire dall'impianto multimediale con interfaccia a schede e display touch. Il quale non sostituisce (come troppe volte accade) il bel manopolone, che anzi è stato reso più ricco dal punto di vista estetico. Doveroso, visto che s'incastona in un tunnel a sua volta rivisto sotto il profilo della qualità e della finitura. Il quadro delle novità è poi completato dal pacchetto Driver assistance plus, che regala una guida assistita di livello 2. Tutte queste innovazioni, però, non bastano per segnare nuovi standard. Più semplicemente, a quattro anni dal suo esordio, servono a non rendere ancora più ampio il gap che da sempre la Giulia ha nei confronti dei modelli premium ai quali vuole contrapporsi. Comunque, da fuori la cosa non è percepibile: come vedete nelle foto, gli esterni non sono stati toccati. E per fortuna, verrebbe da dire, ché spesso i ritocchi sono più un male che un bene: il più delle volte, la ricerca di novità e freschezza finisce per appesantire o snaturare i tratti delle origini. Se proprio volete qualcosa d'inedito, potete optare per il Verde Montreal (2.800 euro, da pagare a parte). Nel caso, la vernice rimarrà l'unica pennellata green: neppure la meccanica, infatti, è cambiata. La Quadrifoglio non si è aperta alla benché minima modernità ibrida, nemmeno mild. Rimane orgogliosamente legata all'idea, ormai dal vago retrogusto romantico, di una sportività rude e maschia, scevra da mollezze elettriche. Se avete una passione quasi carnale per la meccanica, lei è quel che vi serve e, per apprezzarla, non serve un biscione stampato sul cuore. Basta l'onestà intellettuale dell'appassionato, senza tifoserie. Perché lei è semplicemente perfetta: lo era quattro anni fa e continua a esserlo oggi. Una specie di Dorian Gray delle driver's car, perché non è banale mantenere così intatta la forza dirompente che serve per restare in cima a queste classifiche. È cambiata, ma non certo in modo radicale, la prospettiva: nel 2016, la Quadrifoglio era il punto d'arrivo dell'Alfismo, mentre oggi è il trampolino per qualcosa di ancor più fantasmagorico. Da lei nascono, infatti, le versioni GTA e GTAm.
Qualcosa di esaltante. Con la Giulia, per divertirsi, non c'è bisogno per forza di mettere sul tavolo i punti della patente come un consumato giocatore farebbe con le fiches. Bastano andature semplicemente spigliate per iniziare a vedere l'affresco che si compone: 1.798 chili che sono tali soltanto sulla bilancia, ché in movimento sembrano molti meno; la precisione di uno sterzo dove ogni decimo di grado ha un suo senso; la padronanza con la quale gestisce le traiettorie, che spiega una volta per tutte perché per loro si utilizzi il verbo disegnare. E poi il motore, che a queste andature intermedie dà il meglio in termini acustici: lo scarico della Akrapovic regala note piene e corpose. E lo stesso si può dire della spinta. Peccato, semmai, che in basso sia proporzionalmente meno spalluto, in termini tanto di decibel quanto di prontezza. Anche in questa nuova edizione (che all'iniezione diretta aggiunge quella indiretta per restare nei limiti di emissioni senza ricorrere al filtro antiparticolato), non esibisce la monumentalità di un AMG o di un Audi RS, ma ripaga con un gran bell'allungo. Prende i giri con un carattere che strizza l'occhio alla grande saga, ormai al tramonto, dei propulsori aspirati. In un attimo, ti ritrovi a giocare con il limitatore e a gestire velocità innominabili. La sua furia riprende, ogni volta straordinaria, quando passi alla marcia superiore. Ed è quello il momento in cui ti accorgi che, se gli anni passano anche per il cambio ZF, le sue qualità non perdono neppure un po' di smalto. Quando la velocità cresce, razionale e irrazionale si fondono, diventano un'unica cosa e dimostrano perché l'orgoglio Alfa esista e, dopo 110 anni, non abbia perso nulla della sua forza. Non ho ancora guidato la GTAm, ma mi chiedo davvero come potrà essere, perché (già) la Quadrifoglio ha la forza di una katana e la precisione di un bisturi. Una determinazione nel cambiare direzione e nel mantenere le promesse che non sembra appartenere a una vettura con motore anteriore e quattro porte. Ma lei è proprio così: sicura e intrigante, agile e stabile, affidabile e mascalzona. Unisce gli opposti con una facilità disarmante e li amalgama così bene che in un amen ti dimentichi che, di base, non sarebbero un tutt'uno. Una rotondità e un'armonia che, a tratti, ti fanno sentire invincibile: non c'è curva che resista, non c'è traiettoria impossibile e soltanto qualcuno finisce per desiderare un volante appena più corposo. Ma è questione di gusti personali, se non di fisime. Un po' come accorgersi dell'impercettibile vuoto al centro, effetto secondario dovuto alla riduzione dei saltellamenti in manovra portata in dote da questo MY20: c'è, ma accorgersene nella vita quotidiana è qualcosa che sta a metà tra l'atto di fede e la suggestione. Ciò che continua a mancare davvero, semmai, è un settaggio più permissivo dell'Esp, che lasci il retrotreno un pochino libero di danzare senza essere costretti a ricorrere alla posizione Race. La quale, obiettivamente, non è adatta né a un utilizzo stradale né alla maggioranza dei guidatori, ché lì sei a tu per tu con la sola meccanica. E, in un istante, 510 cavalli da tanti possono diventare troppi. Ma al di là di questi appunti, la sostanza si riassume con facilità. Ed è sempre la stessa: la Quadrifoglio è una dispensatrice inarrivabile di purissimo piacere di guida.
Prova ripresa da Quattroruote di ottobre 2020, n. 782
Giulia 2.9 T V6 AT8 Quadrifoglio
Qualità stradali. Piacere di guida, quello vero. E una sicurezza a tutta prova.
Motore e prestazioni. V6 davvero sportivo e numeri di rilievo.
Accessori. Considerando cifre e ambizioni, servirebbe qualcosa in più.
Esp. Una maggiore varietà di tarature sarebbe benvenuta.
Velocità
Accelerazione
Ripresa
(a min/max carico)
Frenata
Consumi
Percorrenza media e Autonomia
Dati dichiarati
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