Come va. La prima sensazione, come sulla Cayman, è che la Boxster S “parla” con lo sterzo: è molto comunicativo, è pronto, reattivo e, per questo tipo d’auto, ha il giusto carico, che accentua la sensazione di avere tutto sempre sotto controllo. Il cambio manuale a sei marce si dimostra all’altezza nel ruolo di amplificatore di emozioni e prestazioni. Al di là delle sue qualità intrinseche tipo la prontezza di risposta, la precisione degli innesti e la rapidità dei passaggi marcia, il cambio è un autentico piacere per i driver più esigenti. Il limitatore interviene a intorno ai 7.000 giri: a questi regimi, ogni discussione sul sound del quattro cilindri perde di significato e, se nella guida tranquilla il “flat-four” ricorda le sonorità del boxer Subaru, quando fa la voce grossa l’urlo è perforante, quasi brutale. Nell’handling si apprezzano la rapidità e la precisione d’inserimento dell’avantreno, il rollio molto contenuto e il comportamento stradale pressoché neutro, a prescindere dai controlli elettronici, che peraltro sono tarati in modo da rendere accessibili eventuali recuperi della traiettoria. Prestazioni top: se la velocità massima varia tra i 275 km/h del due litri da “soli“ 300 CV ai 301 all’ora della Spyder, per lo 0-100 bastano quattro-cinque secondi. Per la precisione, il dato dichiarato va dai 4,4 della più potente ai 5,1 della Boxster più “tranquilla”.
Pregi. Comportamento dinamico ai vertici della categoria, motori turbo con tanta coppia, disponibile già dai bassi regimi, e un allungo che ricorda i migliori aspirati.
Difetti. Molti optional a pagamento, che fanno salire di molto il prezzo di partenza. Il confort viene in parte compromesso dal rumore di rotolamento dei pneumatici e dai fruscii aerodinamici già alle andature autostradali.