La A110 ha segnato la rinascita del marchio Alpine, famoso soprattutto per le vittorie nei rally durante gli anni Settanta, ma poi abbandonato nel 1995. Per celebrare questo storico ritorno, nell'estate del 2018 abbiamo portato la coupé francese su strade di montagna e tra i cordoli della nostra pista di Vairano: oggi, per la rassegna Le più belle guidate, dedicata alle auto più entusiasmanti che abbiamo testato negli ultimi anni, vi riproponiamo la prova della due posti a motore centrale, che va ad aggiungersi agli altri modelli che vi abbiamo mostrato negli scorsi giorni: Porsche 911 R,Alfa Romeo Stelvio Quadrifoglio, Lamborghini Huracán Performante, Ford Mustang Shelby GT350R, Porsche 911 GT2 RS, Ferrari 812 Superfast e Tesla Model 3 oltre al confronto tra le super berline. Nel caso vi foste persi la prova della A110 (pubblicata su Quattroruote di settembre 2018), allora è arrivato il momento di gustarvela, anche con la pagella e i dati rilevati dal nostro Centro Prove, che in questa occasione sono scaricabili gratuitamente.
Jean Rédéle era uno di quelli che credeva fermamente nel motorsport. Era convinto, come parecchi altri personaggi chiave della storia dell'automobile, che le competizioni fossero il miglior banco di prova per le vetture e, le vittorie, la miglior leva per venderle. Da concessionario Renault e pilota gentleman a fondatore del marchio Alpine, il passo fu breve. E nel periodo che seguì, l'immagine simbolo di quel piccolo atelier nel Nord della Francia resta la A110 blu che sovrasterza sul Col de Turini, vincendo più volte il Rally di Montecarlo negli anni 70. Una premessa doverosa, questa, per dare un senso all'operazione nostalgia che ha portato la Renault a far rivivere un marchio abbandonato, ma mai dimenticato, e a costruire in suo onore un nuovo modello da zero. Certo, di fatti strani nella fabbrica di Dieppe ne sono successi parecchi. Dopo l'addio alla Alpine nel 1995, lassù in Normandia hanno continuato a produrre le Renault Sport, stradali e da corsa, compresi alcuni curiosi esperimenti come la Spyder, una barchetta targata con relativa derivata da corsa, o la anabolizzata Clio V6 a motore centrale. Quindi era naturale che anche il remake della A110 nascesse lì, in uno stabilimento rimesso a nuovo e gestito da un piccolo team, a mo' di startup, che ha attinto a piene mani dall'heritage del marchio transalpino.
Onora la progenitrice. La squadra si è ispirata fortemente ai valori del passato e il risultato è evidente: l'Alpine s'ispira la sua antenata in ogni piccolo dettaglio stilistico ed è una riuscita reinterpretazione di un cult. E la A110 onora la sua progenitrice non soltanto nello stile, ma anche nella filosofia. È infatti molto leggera (1.205 kg sulla nostra bilancia, liquidi e pilota compresi, grazie a telaio e carrozzeria di alluminio), ha la trazione rigorosamente posteriore e il motore è alle spalle del guidatore. Con una licenza, rispetto alle origini: il propulsore non è più a sbalzo, ma in posizione posteriore-centrale, per favorire la distribuzione delle masse. Sulla carta, insomma, la Alpine A110 promette di essere una generosa dispensatrice di piacere di guida ed è quello che gli appassionati si aspettano, specie considerato che, tra prezzo e caratteristiche tecniche, atterra esattamente fra due mostri sacri come Alfa 4C e Porsche 718 Cayman. Apri la porta e ad accoglierti trovi un sedile che è un gran bel pezzo di design: pesa 13,1 chili, avvolge come un guanto senza costrizioni e, sebbene sia fisso in altezza, offre una postura azzeccata, con le gambe semidistese e il fondoschiena a pochi centimetri dal suolo. Il sottile tunnel centrale rialzato contribuisce alla sensazione di essere tutt'uno con l'auto: è pratico nella parte superiore (sebbene l'originalità venga meno, visto che l'idea è made in Maranello), con i comandi del cambio e degli alzacristalli a portata di mano, mentre la parte inferiore, che funge da portaoggetti, è di difficile accesso. Con il grosso tasto rosso, l'1.8 turbobenzina da 252 cavalli prende vita. E, mossi i primi passi, noti la cura posta nel definire il suono di quel propulsore piazzato a pochi centimetri dalla nuca: ai bassi regimi emette un gorgoglìo d'aspirazione del tutto simile a quello dei motori a carburatori dei tempi che furono, accompagnato dal fischio della sovralimentazione che penetra nell'abitacolo e dagli immancabili ritorni allo scarico in scalata.
Ti attacca al sedile. Una colonna sonora riuscita che fa il paio con la spinta: complice il peso da utilitaria, l'1.8 attacca al sedile tanto nelle marce basse quanto con quelle alte (0-100 in 4,88 secondi): si percepisce che ha voglia di allungo e che può essere ben sfruttato in ogni condizione perché è vigoroso a tutti i regimi. Il turbobenzina trova nel doppia frizione sette marce della Getrag un ottimo alleato dal funzionamento impeccabile: in modalità automatica il cambio snocciola una marcia dietro l'altra con grande discrezione, mentre diventa secco, veloce e grintoso se lo usi in manuale e con i settaggi sportivi. Apprezzabili, in questo frangente, anche i paddle di alluminio: di adeguate dimensioni (solo un po' corti in basso) e fissi al piantone, sono sempre lì, ben raggiungibili, anche quando devi cambiare in mezzo a un tornante o durante un sovrasterzo. Fin qui, insomma, la Alpine A110 soddisfa le aspettative più elevate. Quel che non ti aspetti, semmai, è che sia anche comoda. La guardi da fuori, con i suoi 125 cm di altezza da terra, e la schiena implora già pietà. Invece la taratura delle sospensioni è insolitamente morbida e la A110 regala un confort da berlina, o quasi. Anche quando la strada è malmessa.
Setup da strade sconnesse. Un assetto da Nürburgring Nordschleife, se vogliamo vederla dal lato dinamico della faccenda, perché è proprio sui tratti che non sono lisci come tavoli da biliardo che la Alpine dà il meglio di sé, assorbendo bene l'asfalto per non mettere in crisi il corpo vettura. Mentre sulle piste "vere", quelle dal manto liscio e perfetto, in un impiego al limite si desidererebbe una maggior solidità: la morbidezza delle sospensioni comporta movimenti della scocca, con un certo rollio nei cambi di direzione e il muso che affonda in frenata. Ne deriva anche una notevole tendenza al sovrasterzo in ingresso curva (a elettronica disattivata, altrimenti con l'Esp anche in modalità sportiva resta ferma), proprio perché la taratura soft non riduce al massimo i trasferimenti di carico. C'è di buono, però, che ogni movimento viene comunicato con largo anticipo al pilota, attraverso uno sterzo preciso, a movimenti progressivi e omogenei, con il controllo della vettura sempre intuitivo a patto di saperci fare con il volante. Il che significa dosare bene gli angoli. La scelta di un assetto di compromesso deriva probabilmente dal fatto che la filosofia è proprio quella di godersi l'agilità e la leggerezza della A110 fra le curve e i tornanti di un passo alpino, anziché su un tracciato di Formula 1. Proprio come voleva monsieur Rédéle.
Prova su strada ripresa da Quattroruote di settembre 2018, numero 757
Pregi e difetti
ALPINE A110
A110 Prémière Edition1
Pregi
Piacere di guida. Nel complesso è una coupé molto godibile per il riuscito compromesso tra fruibilità quotidiana e dinamica di marcia.
Motore. Spinge forte, complice il peso ridotto della vettura. E ha un sound molto curato.
Difetti
Assetto. Nella guida in pista, si desidererebbe un setup più rigido. A favore del crono e della stabilità (con l'Esp disattivato).
Freni. Gli spazi d'arresto sono molto lunghi quando l'aderenza è bassa e non uniforme.
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Le più belle guidate - Alpine A110, riedizione di un mito
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