Come va. Abbiamo provato la 220d, versione turbodiesel molto interessante per prestazioni e consumi. A dispetto del timbro sonoro, di stampo piuttosto commerciale, il quattro cilindri biturbodiesel ha un sacco di frecce al suo arco: l'erogazione piena e rotonda, dai 1.700 giri circa fin quasi alla zona rossa, ma anche la fluidità, sia quando si procede al piccolo trotto sia se decidi di sfruttare tutti i 190 CV. E, certo, pure la grinta: a metterlo nero su bianco ci pensano le rilevazioni del Centro prove, con uno 0-100 km/h in 6,9 secondi. Se non si esagera con l'acceleratore, i 17 chilometri con un litro di gasolio sono facilmente alla portata, così come i 19 in autostrada e addirittura i 20 in statale, mentre in città, nonostante la presenza dell'elettrificazione leggera, si soffre un po' di più (14,2 km/litro). In tutto ciò, il cambio automatico Steptronic a otto rapporti è un alleato perfetto, perché garantisce dolcezza nel commuting quotidiano e non si fa cogliere impreparato quando gli chiedi di più e decidi di giocare con i paddle in modalità Sport. In questi frangenti devi sapere bene che cosa stai facendo, perché la Serie 2 Coupé s'infila rapida in curva e ciò può sollecitare in modo eccessivo il retrotreno. Capita, quindi, che – nelle manovre d'emergenza – il controllo di stabilità sia costretto a intervenire in modo brusco, per rimettere a posto le cose. Lo sterzo, dal canto suo, non aiuta granché nel controllo: soltanto discreto quanto a precisione e capacità di trasmettere le increspature dell'asfalto, è pure un po' troppo rapido se lo si rapporta alle qualità del retrotreno. Su strada, comunque, puoi toglierti delle belle soddisfazioni. In fin dei conti, è proprio questo che si chiede a una BMW.
Pregi. Forse il diesel non avrà ancora una vita lunghissima, ma questo motore dice ancora la sua: rotondo e regolare, quando serve mostra un bel piglio. Considerando i 190 cavalli e l'indole briosa della macchina, l'efficienza non è niente male: il consumo soddisfa, soprattutto in ambito extraurbano.
Difetti. Avvicinandosi al limite, emerge un comportamento dinamico poco omogeneo: l'elettronica deve fare un super lavoro per tenere a bada le intemperanze del retrotreno. I freni mostrano spazi lunghi sui fondi ad aderenza bassa e differenziata, quando ci vuole equilibrio piuttosto che potenza pura.