La Toyota Mirai punta alla mobilità a idrogeno, nonostante l’assenza di una rete di distribuzione di questo gas. Per il momento, quindi, è più un modello di bandiera che una proposta destinata al pubblico degli automobilisti privati. La seconda generazione, comunque, è potenzialmente un'ammiraglia con performance e percorrenze da auto "tradizionale". Come la progenitrice, funziona per mezzo di una cella a combustibile: quindi, in sostanza, è un’auto elettrica, ma al posto di una grande batteria monta un piccolo accumulatore e tre serbatoi dove è possibile stoccare fino a 5,6 kg di idrogeno a una pressione di 700 bar. Già questo è un netto miglioramento rispetto alla prima generazione, che aveva solo due serbatoi. Della "vecchia" Mirai datata 2015 non è rimasto quasi nulla, a parte l’esperienza maturata su un parco circolante di circa 11.400 esemplari: il modello è stato riprogettato a partire dalla piattaforma GA-L (la stessa della Lexus LS) adottando la trazione posteriore, un motore più potente (da 182 CV), una batteria più efficiente e una dinamica di guida più coinvolgente, sottolineata da uno stile da berlina-coupé con il cofano molto lungo e la coda affilata. In sostanza la Mirai è diventata un bel macchinone di cinque metri (498 cm per la precisione), abbastanza spaziosa davanti e un po’ più sacrificata dietro, anche se ora è omologata per cinque persone. Il bagagliaio, invece, è decisamente piccolo in relazione alle dimensioni esterne: solo 321 litri dichiarati e non facilmente accessibili (non c’è il portellone ma solo un piccolo cofano). La nuova distribuzione degli elementi meccanici e "chimici" ha portato a una ripartizione delle masse ben bilanciata (50:50) e a una guida equilibrata, morbida e caratterizzata da un livello di confort estremo: niente rumore dal motore, dall’inverter o dalla cella a combustibile. Si sentono solo il rotolamento degli pneumatici e i fruscii aerodinamici generati dagli specchietti a velocità sostenute (la Mirai può arrivare a 175 km/h e completa lo 0-100 km/h in nove secondi, quindi è d’indole piuttosto tranquilla).
Come va. La Mirai si guida esattamente come un’elettrica: pulsante d’accensione, levetta centrale in Drive (oppure in "B" se si vuole più recupero d’energia in rilascio) e si va. La risposta, rispetto alla generazione precedente, è molto più immediata e consistente, grazie all’impiego di una batteria "tampone" che per una decina di secondi fornisce una potenza istantanea suppletiva di una quarantina di cavalli, giusto il tempo perché la fuel cell entri a regime. La ripresa in velocità è più che adeguata e durante il nostro primo test, dopo un’ora di viaggio, il computer di bordo indicava un consumo di 1 kg di idrogeno ogni 100 km, il che rispecchia a grandi linee quando dichiarato dalla Casa. Buono il feeling sul freno (il cui effetto, come accennato, è incrementabile con la modalità "Brake", utile nella marcia stop&go) e dello sterzo, molto leggero anche in velocità, cosa che lo rende un po’ impreciso per i piccoli angoli, ma il diametro di sterzata è accettabile, viste le dimensioni. Per funzionare la Mirai emette vapore acqueo e aspira quasi 300 litri d’aria al chilometro, ma ha bisogno di ripulirla per non "avvelenare" le delicate membrane Pem della cella a combustibile. Così alla Toyota le hanno messo la "mascherina", un filtro elettrostatico che elimina del tutto le particelle di ossidi di zolfo, ossidi di azoto e particolato fino a 2,5 µm. A buon titolo, hanno quindi detto che la Mirai va addirittura oltre le emissioni zero. Non per niente il nome del programma di diffusione dell’idrogeno si chiama "Beyond Zero".
Pregi. Silenzio (anche alle alte velocità), compostezza e vibrazioni al minimo: oltre a essere elettrica, la Mirai ha molta cura dei passeggeri. Consumo di idrogeno contenuto, anche se va detto che mancano termini di paragone.
Difetti. Rifornimento praticamente impossibile pe rmancanza di distributori. Freni non molto potenti: sui fondi bagnati e con un'aderenza non uniforma, la Mirai va lunga