Facile, semplice: è l'anti-Cayenne, non si può sbagliare. La risposta viene immediata e, in un mondo automobilisticamente sempre più complesso, per una volta non serve scomodare Linneo per arrivare a una classificazione precisa. La Levante, però, fa di tutto per sfuggire all'ovvio. E, tanto per cominciare, tenta di sottrarsi a quei cinque metri tondi che dovrebbero inchiodarla a un ruolo generico e preciso al tempo stesso. Perché questa Maserati sarà pure pensata per dare fastidio alla madre di tutte le Suv ad alte prestazioni, ma, quando la guidi, finisce che si affacciano alla mente anche altri riferimenti: una Porsche Macan e una Jaguar F-Pace, per esempio, che saranno pure più piccole e compatte, ma che, per certi versi, ricordano il modo di stare sulla strada di questa prima sport utility made in Modena. Con buona pace di chi è convinto che, quando si parla di quattro ruote, le dimensioni del corpo vettura possano ancora essere una discriminante assoluta. E, in ogni caso, vale la pena di non perdere di vista il significato più squisitamente politico e strategico di questa Maserati. Dopo la Ghibli (anno domini 2013), la Levante segna infatti un ulteriore passo avanti verso il raggiungimento di quegli obiettivi commerciali ai quali il Tridente tende ormai da qualche anno. I cinque metri, comunque, restano. Sono lì da vedere, da toccare, e tornano ben evidenti quando si sale a bordo: il tipico lusso Maserati ha tutto l'agio per distendersi in un abitacolo che non ha poi molto da invidiare a quello di una Audi Q7. Almeno quanto a dimensioni, perché dal punto di vista della qualità realizzativa, invece, la Levante rimane un passo indietro rispetto alla perfezione delle rivali tedesche. Questione come sempre di dettagli, a partire dal movimento vagamente “crudo" di alcuni sportellini o dal feeling di taluni tasti poco consono al rango e alle cifre in gioco. Ma alla fine, con le Maserati, finisce sempre allo stesso modo: in due e due quattro l'esclusività dell'atmosfera prende il sopravvento e di queste imperfezioni ci si dimentica ben presto. Questione di fascino? Sì, anche di quello, inutile negarlo…
Quanti bulgari ci sono, in Italia? A giudicare da quello che si vede sulle nostre strade, sembra che da Sofia si siano trasferiti tutti qui... Non è così, naturalmente. A circolare dalle nostre parti sono infatti molte auto immatricolate in quel Paese; ma a guidarle ci sono cittadini di un po' tutte le nazionalità. Bulgari, rumeni. E italiani. Il perché è presto detto. Viaggiare con una vettura dotata di targa straniera offre, sulla carta, diversi vantaggi. Non si è soggetti alla fiscalità italiana sull'auto, particolarmente pesante. Non si paga, per i modelli cosiddetti di lusso, il famigerato superbollo. Ci si sottrae, o almeno si spera di farlo, al pagamento delle multe. Si spende molto meno per l'assicurazione, le cui tariffe, al di là di quella che un tempo chiamavamo cortina di ferro, sono molto più leggere. Ma è legale tutto questo? Nella maggior parte dei casi, no; in qualche situazione sì, anche se si tratta di espedienti che possono far accendere su chi li attua l'attenzione di organismi statali, fisco in testa. Quattroruote ha già ripetutamente denunciato questo fenomeno, ma vale la pena di ricapitolare alcuni principi. Innanzitutto, non è legale circolare in Italia con una vettura dotata di targa straniera se il proprietario non risiede in quel Paese; viceversa, è possibile se si tratta di una persona fisica, di una società o di un'azienda legalmente registrate in quel Paese. Il Codice della strada, infatti, concede un anno di tempo dall'ingresso dell'auto in Italia prima che scatti l'obbligo di reimmatricolazione.
Non esistendo formalità doganali all'interno dell'Unione Europea, tuttavia, è impossibile determinare con precisione quando questo ingresso è avvenuto. Per non parlare del fatto che la sanzione (teorica) prevista è di appena 85 euro... Insomma, le autorità e le forze di polizia non hanno armi adeguate per stanare i furbetti della targa bulgara e reprimere il fenomeno. Cosa che genera frustrazione tra i nostri uomini in divisa, come sottolinea Giordano Biserni, presidente dell'Asaps, l'Associazione degli amici e sostenitori della polizia stradale. «È un fatto serissimo: occorre un intervento del legislatore, altrimenti si finisce per diventare compiacenti». Intervento che pareva all'orizzonte poco più di un anno fa, quando all'interno di un pacchetto di modifiche al Codice della strada erano state reinserite norme anti-elusione più stringenti contro i cosiddetti leasing tedeschi o bulgari, quelli “legali". Il provvedimento, però, si è inspiegabilmente arenato alla Camera dei deputati e da quasi un anno giace, dimenticato, in qualche cassetto della commisione Trasporti.

Senza dubbio è un gioiellino tra le crossover compatte, addirittura unica nel suo genere. Però, chiariamo subito un punto: i 55.715 euro dell'esemplare provato sono un'esagerazione che sfiora la follia. Certo, 20 mila euro di optional ci erano già capitati, con altre Audi. Soltanto che ora, riducendo dimensioni e prezzo, l'aumento percentuale si fa imbarazzante: un'auto che parte dai 25 mila euro della 1.0 a trazione anteriore e che nella versione 2.0 TDI con l'integrale e l'automatico della prova ne costa 35.600, raggiunge quasi quota 56 mila euro. Allora ci vuole un bel respiro e un chiarimento: questa versione da showroom va vista come l'assortimento più completo di quel che si può acquistare. Dopodiché, sappiate che rinunciando a qualche pacchetto estetico, magari all'head-up display, alla pelle nappa e al subwoofer, il prezzo scende verso i 40 mila euro. Sempre tanti, ma si comincia a ragionare. E si può passare a parlare d'altro, per esempio di che cos'è questa Q2 e, soprattutto, di come va. Tenendo conto che non ha rivali dirette, a meno di considerare tali la Jeep Renegade e la Mini Countryman, mentre Mercedes e BMW, con le loro GLA e X1, se la giocano nel segmento superiore, quello della Q3.
La Q2 varca i cancelli del nostro Centro prove di Vairano dopo il test in anteprima sulle strade di Cuba e i primi rilevamenti della rivista tedesca Auto Motor und Sport, pubblicati su Quattroruote di agosto. Rivediamola. Innanzitutto, sembra piccola, però, al di là di una vaga somiglianza del posteriore con la cuginetta Polo, per via dei fari non allungati in orizzontale come su altri modelli Audi, ma squadrati e tozzi, è piuttosto lontana dal segmento B e dai suoi ormai standard quattro metri di lunghezza. Quanto a misure, in effetti, con 4,2 metri si pone a metà strada tra le piccole del segmento e i 4,4 della Q3. Riguardo al design, si nota subito l'intenzione di rompere con le fogge delle altre “Q": con linee un po' più squadrate, la nuova calandra single frame poligonale e l'inedito montante posteriore particolarmente massiccio e con colore a contrasto (che ricorda un po' quelli della Suzuki Vitara e della Citroën Cactus), inaugura un nuovo filone. Insomma, non è una Q3 in piccolo. Anzi, è tutta nuova. A partire dal pianale Mqb, quello di A3, Golf e Tiguan (mentre la Q3 è basata sul PQ35).
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